Sanremo 2014: riscoperte, assi di briscola e quel verde che abbaglia
Sanremo 2014, il Festival delle scoperte. E delle riscoperte. Se la prima serata ha fatto conoscere al grande pubblico i Perturbazione, da quasi 20 anni protagonisti di livello della scena indie, gli applausi della serata di ieri sono stati tutti per Riccardo Sinigallia. Fresco di contratto con la Sugar, tornava sulle scene dopo un lungo silenzio e lo ha fatto in grande stile, riproponendo in prima persona quella che era già la sua cifra stilistica ai tempi dei Tiromancino: c’era lui infatti dietro i maggiori successi del gruppo romano. Oggi che è da solo, si prende un pò di meritate soddisfazioni.
Le riscoperte. Come quella di un Ron ancora in gran forma, che sa unire al suo stile ormai consolidato anche un’inedita vena folk che ha conquistato il voto del pubblico e della stampa. Perché poi, gira che ti rigira, il Festival è sempre un evento nazional popolare. E allora può succedere che l’esercizio di stile infarcito di virtuosismi di Renzo Rubino, costruito con il chiaro intento di stupire non passi il turno, togliendo probabilmente l’artista pugliese dalla lotta per la vetta d vetta.. Baglioni superospite, invece, non c’era bisogno di riscoprirlo. E’ un pezzo di storia della nostra musica, è ancora in gran forma e ha fatto cantare anche la sala stampa. Certo però che venire a fare promozione al tour senza mettersi in gioco è molto più facile.
Carta vince, carta perde. Francesco Renga ha l’asso di briscola, un pezzo di Elisa che seppur non renda appieno con l’orchestra, sembra destinato a lanciare l’artista friulano nello sprint finale, soprattutto se stasera, alla fine della gara a colpi di televoto, dovesse occupare uno dei primi cinque posti (ma le classifiche saranno rese note solo a show finito, nei giorni seguenti alla finale). L’altro Francesco, ovvero Sarcina, era un altro che ce l’aveva, l’asso di briscola, ma il pubblico gliel’ha sfilato di mano, lasciandolo con il due di coppe: “Nel tuo sorriso” ha un testo talmente intriso di retorica da colmare il vuoto lasciato dall’assenza di Kekko dei Modà.
Mezze delusioni. Come Noemi. Che ha un album, “Made in London”, straordinario, con sonorità che sono rare per una produzione italiana, ma che chissà perché ha mandato in concorso le due tracce peggiori. “Bagnati dal sole” può funzionare (e funzionerà) nelle radio; sarà più complesso lottare per un posto al sole in un festival dove, è bene ricordarlo, chi vota ha un’età media molto alta e la giuria di qualità sarà anche tale, ma per la maggior parte è una qualità estranea alla musica o alla musica pop.
Delusioni complete. Come Giuliano Palma. Uno che di solito è un’acqua minerale effervescente naturale e invece stavolta al massimo sembrava un’idrolitina, con due pezzi carini, ritmati, ma che scivolano via come un pallone in discesa. Troppo poco per far breccia in un pubblico che in fondo non lo conosce poi così bene. O come Filippo Graziani fra i Giovani, con un finto rock rapidamente dimenticabile.
A proposito: i giovani. Quelli che il Festival intende valorizzare facendo riascoltare uno stralcio dei brani (neanche il brano intero) nell’ultima sera, chissà a quale ora tarda della notte. Ieri sera il primo, Diodato, ha cantato alle 0.12 e buon per lui, come per gli altri, che i brani sono già noti da tempo e dunque chi voleva ha potuto già ascoltarseli. Zeigeist, contemporaneità. Basterebbe buttare un occhio oltreconfine e vedere in quanti paesi nei festival esiste la distinzione fra giovani ed emergenti. Perché se il ragionamento è che i Giovani abbassano l’ascolto a tal punto che anche la sera della loro finale canteranno non si sa quando allora è inutile parlare di valorizzazione delle Nuove Proposte, meglio un festival open che metta tutti sullo stesso piano.
Chi ce l’ha fatta a stare sveglio, ha potuto comunque godere di quattro brani assai diversi, a loro modo gradevoli. “Senza di te” di Zibba, destinato a giocarsi probabilmente la vittoria con un Rocco Hunt già suonatissimo dalle radio prima ancora di salire sul palco sanremese, promette di essere un discreto tormentone. Per Diodato sarà più dura, anche se il brano è bello e merita. Di Bianca, che ha riportato alla memoria certe produzioni accademiche di metà anni 90, ci resterà invece soprattutto impresso il verde delle lenti a contatto che indossava, talmente abbagliante da spaccare lo schermo e realistico come una moneta da tre euro.
Non c’è Sanremo senza polemica. Per una che s’è spenta, quella su Rufus Wainwright, che prima ha emozionato il pubblico e poi ha dribblato da campione le questioni scottanti, se n’è accesa un’altra, con Frankie Hi NRG pescato ad essersi “ispirato” a “Golden hen” del giamaicano Tenor Saw nella composizione della sua “Pedala”: avrebbe ammesso di aver campionato alcune battute. Brani con campionamenti, il Biancosarti dei Perturbazione che resta tale e quale dentro al bar e The Niro che può continuare a cantare delle foto con la Polaroid. Non è più tempo di perdersi “nel giornale della sera”, è il Festival della contemporaneità.