Sanremo 2020: vita, guerra, politica, amore e psiche nei testi delle canzoni
Il numero di questa settimana di Sorrisi e Canzoni pubblica come d’abitudine i testi delle canzoni del Festival. Noi li abbiamo analizzati per voi: amore, dolore e psiche fra i temi portanti, ma non manca la politica.
IL MALAMORE… Achille Lauro canta l’uomo oggetto, usato dalla sua donna in una relazione tossica “Fai di me quel che vuoi sono qui /Faccia d’angelo/David di Michelangelo”Occhi ghiacciolo/Dannate cose che mi piacciono/Ci son cascato di nuovo (…)Dimmi una bugia me la bevo /Sì sono ubriaco ed annego“. L’uomo di cui si innamora Elodie invece è più grande ma immaturo. Lei sta rifiutando un rapporto illusorio con la persona sbagliata: “Esser grandi ma immaturi è più facile ma perché/Forse non era ciò che avevi in mente /Ti vedrò come un punto tra la gente (…)La mia fragilità e la catena che ho dentro ma Se ti sembrerò piccola non sarò la tua Andromeda”. Testo di Mahmood ricco di citazioni colte, dalla mitologia greca a Nina Simone.
L’amore finito è invece il tema del brano di Diodato, per il quale la fine di un rapporto è una stanza fatta di silenzi insopportabili interrotti da rumori familiari: “Ho capito che/Per quanto io fugga/Torno sempre a te/Che fai rumore qui/E non lo so se mi fa bene/Se il tuo rumore mi conviene/Ma fai rumore sì/Che non lo posso sopportare/Questo silenzio innaturale/Tra me e te”.
… E LA SUA CURA Il rumore migliore per curare il mal d’amore e le ferite che questo infligge, è senz’altro la musica: “Ci stavo male per te e ora no (…) Questa notte dormo sul divano Altro che pensare a te/Tanto qui resta la Musica e il resto scompare“, canta Elettra Lamborghini. Nello specifico, quella di Raphael Gualazzi, arriva da un night club: “La nostra storia è stata un salto/E io non so cadere/Vedo/Nel buio/Luci/Di un locale a due passi da me/Nel fumo/Una voce/Mi sospira dai balla con me/Occhi scuri/E pelle carioca”.
AMOR PURO E NOSTALGIA D’AMORE. Alberto Urso invece è lontano, in giro per il mondo e l’amore diventa un faro: “Tra noi e il divenire /È un lento fuggire/Le luci di casa mi sembrano stelle/Su terre che han voci materne/Nel mio scomparire/Se ne vanno a dormire”. Ed è subito Sanremo 1955. Lo spirito di Kekko dei Modà si impossessa di Enrico Nigiotti che canta la passione a suon di banalità: “Sei in ogni volta che non penso e penso a te /Sei l’unica stanza che mi salva dal disordine/Baciami adesso che fa buio presto”. Amore generazionale e testo caotico per Riki: “Chissenefrega di noi se non so/Quello che vuoi se non parli/Se ci diciamo di sì ma fingiamo/E lo sappiamo entrambi”.
Anche Francesco Gabbani canta l’amore, con parole più complesse: “Se dovessimo spiegare in pochissime parole/Il complesso meccanismo che governa l’armonia del nostro amore/Basterebbe solamente dire senza starci troppo a ragionare/Che sei tu che mi fai stare bene quando io sto male e viceversa”. Il testo d’amore migliore è quello scritto per Tosca: “Con te ho riscritto l’alfabeto/Di ogni parola stanca il significato (…) E io adesso farei qualsiasi cosa /Per sfiorare le tue labbra/Per rivederti/Se è vero che il tempo ci rincorre/Oggi sono questa faccia questa carne e queste ossa”
IMPEGNO E SOCIALE. La quota impegno e sociale è portata da Junior Cally e Levante. Il rapper romano canta del rifiuto di una certa politica e anche di chi alimenta il razzismo: “Spero si capisca che odio il razzista/ Che pensa al Paese ma è meglio il mojito/ E pure il liberista di centro sinistra che perde partite e rifonda il partito (….) Dovrei puntare il dito contro /E fare il populista /Non fare niente tutto il giorno/E proclamarmi artista”. La cantautrice siciliana invece inneggia alla diversità, a chi non è conforme alla massa, ma anche al mondo LGBT: “Ciao tu, animale stanco
Sei rimasto da solo/Non segui il branco/Balli il tango mentre tutto il mondo /Muove il fianco sopra un tempo che fa/Tikibombombom (…) Ciao tu, freak della classee/“Femminuccia” vestito con quegli strass/Prova a fare il maschio”.
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GRIDO D’ALLARME Altri cantano la guerra e il terrorismo, declinati sotto varie forme. Anastasio si mette nei panni di un kamikaze che non riesce però a farsi esplodere: “Come ti senti?/Disinnescato/Ma dimmi come posso io/Che sono una bomba a orologeria/Sentire fermarsi quel ticchettio/Se muore la minaccia, muore pure la magia/E non conviene mica/Chi vuole che mi fermi, Dio lo maledica/Aspetto sto momento da un’intera vita/Sono nato per esplodere”. Rancore invece utilizza la mela come metafora degli accadimenti che hanno segnato la storia dell’uomo. Chiari i riferimenti: “L’11 settembre ti ho riconosciuto/ Tu quando dici grande mela/ È un codice muto tu vuoi nemici sempre/ Se la strega è in Iraq/ Biancaneve è con i sette nani/ E dorme in Siria”. A metà canzone c’è un ‘ta ta ta’ che ricorda “Soldi” di Mahmood ma che in realtà sono colpi di fucile: “Guarda, stacca, mordi, spacca, separa/Amati, copriti, carica, spara”.
LA FAMIGLIA, MA INSOMMA. Sconcertante la banalità dei testi dedicati alla famiglia. Sentito ma veramente scontatissimo quello di Giordana Angi dedicato alla mamma, sospeso fra Kekko dei Modà e Giorgio Consolini: “Dammi la borsa che è troppo pesante/Non puoi fare sempre tutto da sola/Che di persone ce ne sono tante/Ma col tuo cuore c’è n’è una sola (…) Ti chiedo scusa se non ti ho mai detto /Quanto ti voglio bene (…) Sei tu il regalo dei miei compleanni/La luce accesa quando torno tardi”. Quello di Paolo Jannacci dedicato alla figlia riporta alla mente “Il tempo se ne va” di Adriano Celentano: “Voglio parlarti adesso/Prima che un giorno il mondo porti via/I tuoi sorrisi grandi i giochi tra le porte/E quell’idea che tu resti un po’ mia”. Piero Pelù invece ci fa sapere che è diventato nonno: “Cavalcare draghi e mostri già ti penso dacci dentro /È un mestiere che conosco tutti i giorni stare pronti (…)Tu sei il mio Gesù la luce sul nulla mio piccolo Buddha …Il tuo non è un pianto è il tuo primo canto ehi!”
AUTOPSICANALISI. Per tanti, Sanremo sarà una occasione per tracciare un bilancio della propria vita. Cominciano Le Vibrazioni: “La mia dose giornaliera /Di sorrisi ricambiati/Per potermi poi sentire(Socialmente in pace/Con il mondo e con il mio quartiere”. Si accoda Marco Masini che parla di sè stesso in terza persona: “Non sei arrivato qui per sbaglio/Hai dato tutto il peggio/Ma hai fatto del tuo meglio“. Michele Zarrillo non tralascia qualche rammarico: “Ma resto ancora in piedi /Sia nell’estasi o nel fango/Non mi importa/Quanta forza servirà/Faccio un respiro più profondo/Sono pronto/A rischiare un po’ di più”. Mai però quanto Rita Pavone: “Pensavo/Che ad ogni seme piantato corrispondesse un frutto/Dopo ogni fiato spezzato ricominciasse tutto /Che la parola di un uomo valesse oro “. Irene Grandi si guarda allo specchio, in un inno di libertà: “Se vuoi ti chiedo scusa/Anche se non mi va/ Innamorata della libertà (…) Io sono fatta così /Ma quando canto… sto da Dio/Lo sai che quando canto… finalmente io!”
LA VITA Bugo e Morgan, a suon di frasi fatte e stereotipi, cantano le maschere che siamo costretti ad indossare ogni giorno: “Bevi se vuoi ma fallo responsabilmente/Rimetti in ordine tutte le cose/Lavati i denti e non provare invidia/Non lamentarti che c’è sempre peggio/ Odia qualcuno per stare un po’ meglio/Odia qualcuno che sembra stia meglio”.
Infine, i Pinguini Tattici Nucleari, che la vita la cantano a modo loro, mettendosi dalla parte degli ultimi della fila: “In un mondo di John e di Paul io sono Ringo Starr (…) Tu eri Robin poi hai trovato me, pensavi che fossi il tuo Batman ma ero solo il tuo Ted eh eh”.