Maldestro, Dante Francani, Sperandio Q-Artet: la musica canta la crisi
La perdita del lavoro, gli stipendi bassi ma nonostante tutto la voglia di tirare avanti e la politica che se ne frega. Temi forti, che caratterizzano le cronache attuali. Inevitabile che anche la musica ne finisse per essere coinvolta. E allora il nostro contributo al Primo Maggio, al bello ma inutile concerto di Piazza San Giovanni a Roma è proprio dedicato a questo tema.
Perchè c’è chi la crisi l’affronta davvero e a muso duro, fuori dai denti. Raccontando di come sia dura andare avanti quando perdi il lavoro in tarda età, di come sia dura andare avanti in genere, anche quando il lavoro ce l’hai, che sia precario o meno. A Musicultura, il concorso nazionale della canzone popolare e d’autore, il maggiore dedicato a questo settore della nostra musica, la crisi è entrata di prepotenza. Tanto che fa i 16 finalisti (li trovate qui: avremmo dovuto parlarne, è vero, ma chi di dovere s’è dimenticato di avvertirci che il comitato aveva deciso) ce n’è uno che con un pezzo del genere rischia di vincere.
Antonio Maldestro, in arte solo Maldestro, viene da Napoli e ha già messo insieme una lunga serie di riconoscimenti, non ultimo il premio Piero Ciampi: “Sopra il tetto del comune” è un pezzo allegro nella melodia, ma tremendamente crudo nel testo. Il tutto suona quasi stridente, ma ascoltandolo ritornano in mente tutte le immagini che ultimamente vediamo nei telegiornali. Come finisce non ve l’anticipiamo, perchè vale un ascolto, anche più d’uno: “Quando l’ho scritta sono ispirato all’atmosfera che purtroppo respiravo in quel periodo, avendo poi molti amici in quella situazione“, racconta l’artista.
Dante Francani invece arriva da Atri, in provincia di Teramo e l’operaio (metalmeccanico) lo fa per davvero. “Tuta blu o la ballata dell’operaio” è anch’essa in finale a Musicultura. Il successo del brano nasce nel 2013, quando sua moglie, per gioco, invia la canzone ad un concorso radiofonico. Dante vince la gara e, quindi, la possibilità di aprire il concerto “Aspettando il primo maggio” a Teramo, calcando lo stesso palco di Max Gazzè, Marta sui Tubi, Management del Dolore Postoperatorio, Nobraino e Serena Abrami.
Un pezzo tagliente, crudo, ma anche con un filo di speranza, perchè l’operaio “motore economico asse portante di questo paese” pur nelle difficoltà ad arrivare alla fine del mese diventa un esempio per i propri figli cresciuti all’ombra del calcio e del Grande Fratello. Il precariato come simbolo della società attuale ma anche della musica, di cui le giovani generazioni non riescono a vivere: “Io sono un salariato stipendiato dall’azienda in cui lavora, ma possiamo dire che il cantautore è un precario ancora più dell’operaio“, spiega.
Chi Musicultura l’ha fatta un paio d’anni fa è il Matteo Sperandio Q-Artet, ensemble ternana di estrazione classica trasportata nel cantautorato, che ha all’attivo uno degli album più belli degli ultimi anni (ne parlammo qui). Dentro “V.I.V.A”., che farà parte del loro nuovo lavoro, c’è tutto: il costo della vita che aumenta, la gente che non arriva alla fine del mese e la politica che se ne frega. Il tutto raccontato con un testo non banale, come nel loro stile, tagliente e fuori dai denti.
La crisi, ma anche un grande bisogno di speranza, perchè toccato il fondo, si deve assolutamente ripartire. Forse non è un caso che a Sanremo, sia pure nella sezione Giovani abbia vinto un pezzo che dei momenti bui parlava, disegnando però una spirale ottimista: quella “Nu jorno buono” che ha condotto al trionfo il rapper Rocco Hunt e alla vetta delle classifiche l’album “La verità”. Parla di Napoli e della Campania, è vero. Ma in fondo il messaggio che lancia è universale.