Eurovision 2015, prima semifinale: le parole sono importanti

Il colpo più grosso ce l’avranno gli ascolti sabato sera. Perchè l’eliminazione dei Paesi Bassi e della Danimarca, ma sopratutto dei primi, porterà via una bella fetta di pubblico alla rassegna. Basta dare un’occhiata al link di Eurofestival News che mostra bene la differenza di audience fra le ultime due edizioni ed il 2012, anno in cui gli orange non approdarono alla finale dell’Eurovision Song Contest.

Calin Goia dei Voltaj

Ma da un punto di vista prettamente musicale, l’unica vera sorpresa è la qualificazione di Bojana Stamenov, la cui “Beauty never lies”  (per inciso cantata benissimo, senza la minima stonatura) si avvia a diventare il guilty pleasure di molti eurofan. Danimarca e Paesi Bassi pagano pezzi diversamente mediocri: quello della boyband danese, dal sapore sin troppo adolescenziale e tardo anni 90 non aveva convinto nemmeno alla finale nazionale e già allora più di qualcuno aveva storto il naso. “Walk along” di Trintje Oosterhuis, nonostante l’ottimo successo di vendite conferma quanto avevamo detto e cioè che Anouk, autrice del brano non avesse fornito una delle sue produzioni migliori all’amica e collega.

E’ sicuramente un brutto colpo per un paese che pareva aver ritrovato la strada giusta dopo anni di produzioni mediocri e che l’anno scorso è uscito dal contest come vincitore morale (e reale in termini di vendite). Quanto ai danesi, ieri sera in sala stampa la delusione dei cronisti era palpabile: dal trionfo di due anni fa all’eliminazione in semifinale è un bel tonfo. La Danimarca non mancava una qualificazione dal 2007, anche allora con un discusso brano, quello del performer drag queen DQ.

Fa meno notizia la mancata qualificazione dei finlandesi Pertti Kurikaan Niminpaivaat. Al di là per l’ammirazione per il coraggio e la forza di  punk band nata da un progetto di reinserimento di soggetti adulti con autismo e sindrome di down – non è facile per un artista consumato affrontare tutta questa esposizione mediatica, figuriamoci per loro – proporre un genere così difficile, in finlandese e con un brano anche così corto era forse troppo per una rassegna votata a maggiore semplicità. E se la loro presenza è stato comunque un ulteriore e lodevole segno di apertura della rassegna e di come la musica vada oltre ogni barriera, non averli in finale eviterà polemiche sterili che non fanno bene al concorso.

Romania, Russia e Grecia proseguono spedite nella loro marcia: tutti e tre i paesi, da quando sono state inserite le semifinali (anno 2004) le hanno sempre superate e mai come quest’anno hanno brani capaci di poter fare molto bene. Polina Gagarina è apparsa meno fredda del previsto: qualche lieve emozione in apertura, ma interpretazione da manuale per un brano, “A million voices” che certamente farà gara di testa. Le quotazioni russe si sono impennate (come quelle della Serbia) e adesso sembra proprio la bionda ex modella la principale concorrente de Il Volo per la vittoria finale. La sua performance è stata nettamente la migliore di serata.

Tutto il contrario di quella di Elhaida Dani, apparsa nervosa e imprecisa, ma capace di rimediare col mestiere a qualche imprecisione e comunque dotata di un brano che la valorizza. Avanti tutti e tre i brani con testi importanti, su temi difficili per un concorso di canzonette. Ecco, questo è un bel segnale: l’Eurovision che mette sempre più da parte casi umani e brani di solo show per porre attenzione anche quest’anno alle parole che si cantano, confermando – se mai ce ne fosse stato bisogno – che l’evento sta diventando anche sempre più una vetrina per portare all’attenzione del grande pubblico cose serie. Con buona pace di chi l’anno scorso non ha saputo andare oltre la barba e non ha capito che la barba era solo un espediente per farsi ascoltare meglio.

Boggie

Riascolteremo sabato sera il testo antiguerra dell’ungherese  Boggie, che come in un ideale filo rosso si collegherà a quello sul genocidio del popolo armeno portato in concorso dai Genealogy e al brano già finalista della Francia sulle donne in tempo di guerra. Tre testi importanti, tre melodie difficili, riflessive, a tratti drammatiche. E riascolteremo il delicato testo di “De la capat”, la canzone sui migranti (in particolare sui figli dei migranti) dei romeni Voltaj, la cui canzone continua ad essere anche dopo più ascolti una delle migliori in concorso.

La stessa canzone russa, per quanto ad alcuni possa sembrare ipocrita, abbina ad una melodia molto eurovisiva, un testo sociale forse un pò scontato ma molto forte. Georgia e Grecia vedono invece premiate rispettivamente una performance globale molto scenica su un brano comunque di buon livello e una prova vocale importante al servizio di una ballata forse un pò (tanto) antica nel sound ma che funziona molto più del previsto.

Peraltro, il sorteggio della metà finale di competenza ha messo tutti quanti i brani più forti nella seconda parte (Grecia, Russia e Romania), tagliando probabilmente le gambe ad un successo armeno con i Genealogy nella prima parte come Serbia, Belgio ed Estonia, che hanno pezzi belli e radiofonici ma ora correranno in salita. In seconda semifinale anche Georgia, Ungheria e Albania: considerando che c’è anche l’Austria (esattamente a metà, numero 14), il rischio che Il Volo cantino nella prima parte di serata e quindi lontani dalle votazioni è altissimo.

Emanuele Lombardini

Giornalista, ternano, cittadino d'Europa, liberale. Già speaker radiofonico. Ha scritto e scrive di cronaca, sport, economia e sociale per giornali nazionali e locali per vivere; scrive di musica su siti e blog per sopravvivere.

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