Petite Meller, la Brigitte Bardot del pop che si ispira… a Fellini

Con quella faccia un pò così, quell’espressione un pò cosi, da rimanere a bocca aperta senza nemmeno sapere il motivo. Un pò Lolita, un pò Brigitte Bardot, un pò Carla Bruni, ma in questo caso soltanto perchè con la ex premiére dame di Francia condivide l’essere modella e la passione per il canto. Petite Meller non è ancora sbocciata, almeno non del tutto, nelle radio e nelle televisioni italiane: chi domenica scorsa ha sintonizzato la tv su RTL 102.5 o la radio sulla stessa emittente per la finale del Coca Cola Summer Festival, ha potuto ascoltarne la canzone, ma state pur certi che quando a fine luglio (il 30 per la precisione) la si vedrà in tv nella registrata di Canale 5, non passerà inosservata e cominceranno ad invitarla.

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Perchè “Baby love” è una bella canzone e lei è talmente surreale da sembrare quasi un fumetto. Bellezza algida, da quadro antico, filiforme e sensuale come la Lolita di Nabokov poi assurta a simbolo stereotipato della tentazione sessuale, una vaga somiglianza con Milla Jovovich, ma anche con una “testa” notevole. Perchè questa ragazza parigina di padre polacco non solo è laureata, ma ha in tasca un master in Filosofia. Alla Sorbonne, mica un’università da due soldi. E una vita da giramondo: cresciuta fra Parigi e il sud della Francia, la laurea a Tel Aviv dove si era trasferito il padre (poi dopo, appunto, il master in Francia), il passaggio da New York e prima ancora un anno in Giappone.

E si è vero, la canzone ha un bel traino dal fatto di essere il jingle della Coca Cola, ma il suo pop è innovativo, cose così in Italia si sentono poco, in Europa invece questo sound è già più diffuso. Non ha ancora inciso il primo album, ma se le premesse sono queste, c’è da attendersi qualcosa di molto interessante.  “Nouveau jazzy pop”, così lei definisce la sua musica ed in effetti è coinvolgente con tutte le sue contaminazioni, non ultima quella del video di questo singolo, girato in Africa.

In rete ci sono un sacco di sue belle cose: il demo di “Conspiracy“, “NYC Time”, un’altra canzone che probabilmente sentiremo nell’album, “Backpack” (che in francese è Sac Ado, come lei stessa dice nel recitativo iniziale), un elettropop interessantissimo dove nel testo c’è molto anche dei suoi studi, “Icebear“. Mentre scrivo sento le sue cose, poi la sento parlare nelle interviste e la vedo muoversi e a me personalmente ricorda un pò la Vanessa Paradis degli esordi, anche se ovviamente il genere è diverso.

E fra l’altro nel suo canale c’è proprio una cover della mitica “Joe le taxi” che nel 1988 lanciò la allora quindicenne Paradis. L’album, dicevamo. “Milk bath” uscirà solamente all’inizio del prossimo anno, prodotto tra gli altri dal sudafricano Craigie Dodds, che ha lavorato con Amy Winehouse e Leona Lewis. Nel frattempo, c’è da crederlo, Petite Meller continuerà a far parlare di sè.

Con le sue canzoni (lei stessa ha pagato i suoi primi video) e con la sua studiatissima immagine: voce sottile, fisico esile, trucco kabuki, colori pastello e una forte ispirazione, come lei stessa dice, che arriva  dai classici del cinema, soprattutto italiani: “Ho una vera passione per il cinema classico, Bergman, Hitchcock, Tarkovsky, i russi, ma il cinema italiano per me è il massimo, così poetico, intelligente, affascinante. Tutti i miei video mi sono stati ispirati dal cinema italiano, specialmente dai film di Fellini, come La dolce vita, e dai film pieni di silenzi di Antonioni: l’intro del mio primo video per NYC Time mi è stato ispirato dalla scena iniziale di L’eclisse. Monica Vitti poi è la più grande, come Anita Ekberg, facevano ciò che volevano, non avevano paura di essere grandi donne“, ha recentemente dichiarato al quotidiano La Repubblica.

In”Baby love”, invece, la citazione voluta è per BB, il mito francese, nel film “E Dio creò la donna”. “Baby Love”  è una canzone per le giovani donne dal cuore spezzato: “Uno spirito malinconico– dice l’artista ai cronisti-  che ho ritrovato anche nei bambini che ho conosciuto a Nairobi. Baby Love è il mio modo freudiano per dire Gioia, una danza d’amore trascendentale, un canto a cappella per incanalare il piacere fuori dal dolore”. Il potere taumaturgico della musica. Raccontato da una così. La sensazione è che in ogni caso non resterà una meteora.

Emanuele Lombardini

Giornalista, ternano, cittadino d'Europa, liberale. Già speaker radiofonico. Ha scritto e scrive di cronaca, sport, economia e sociale per giornali nazionali e locali per vivere; scrive di musica su siti e blog per sopravvivere.

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