Amori alla prova del tempo, ribellione, denuncia sociale: ecco i testi di Sanremo 2021
Come al solito, in concomitanza con l’uscita del numero di Sorrisi e Canzoni ad esse dedicato, facciamo un piccolo viaggio all’interno dei testi delle canzoni dei 26 campioni in gara al Festival di Sanremo 2021. Soltanto sprazzi perchè come è noto non ci è possibile per via dei diritti d’autore riportarveli per intero.
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L’amore che strazia, che strazio l’amore
Il mal d’amore è evidentemente una delle caratteristiche del 2021. Declinazioni dell’amore perduto. Aiello è geloso e adesso si mangia le mani perchè lei adesso ha un altro, col quale ha anche fatto una figlia. Di quelle giornate con lei le resta solo il ricordo vivido di “Quella notte io e te/Sesso ibuprofene/Tredici ore in un letto”. Ora fa mea culpa (“Mi sono perso nel silenzio delle mie paure/L’atteggiamento di uno stronzo, invece era terrore”), ma la rimprovera: “Avevo il cuore malato ma tu non lo vedevi”
L’amore è in crisi anche nel brano di cui Annalisa è pure autrice. Ma i due si lasciano e si prendono, perchè l’ultima volta non è mai ultima davvero: “Ma l’ultima volta è sacra/ L’ultimo bacio in strada/Tu scrivimi tra un’ora/Serviranno ancora /Dieci ultime volte”. Un amore comunque senz’altro giovanile, come quello cantato da Fasma: “Sai che adoro quegli attimi /In cui non litighiamo e siamo proprio come ci immagini (…) Quindi baciami baciami/ Che dai baci fantastici che mi aumentano i battiti”. O quello sfuggente di Random: “Oggi mi sento vivo/ E ci perdiamo sempre sul più bello”
Amore agrodolce anche per Gaia: “Anche se mi resta/Sulla pelle l’ultima/ Goccia di tempesta/Ormai non mi interessa/ Sei il mio cuore amaro/Un disordine raro“. La più straziata di tutti però è Noemi: “Non sento da un po’/I brividi sulla mia pelle/ Il tuo nome fra le stelle/ Sembra ieri che la sera/Ci stringeva quando tu stringevi me (…) Dentro ti amo e fuori tremo/Come glicine di notte”. Il testo è suo, ed è molto bello.
La soluzione a tutto questo, agli sbalzi d’umore ed “il brusio da conferenza” ce l’ha il farmacista cantato da Max Gazzè: “Son tutte soluzioni al naturale, amore mio, vedrai che male non ti fa (…)
Somministra Prima Di un logorroico Assolo E via anche questa Smania di parlar! Non c’è neppure Controindicazione…”
L’amore è un’abitudine
Ci sono amori che resistono all’usura del tempo, come quello di Orietta Berti, alla quale gli autori di ‘Grande amore’ de Il Volo consegnano la trascrittura biografica del suo ultradecennale matrimonio: “Quando ti sei innamorato, perduto/Da allora niente è cambiato (…) Quando mi guardi tu so quello che vorrei./Come una musica mi scorri dentro/Un fiume in piena ormai fino allo schianto”.
Gigi D’Alessio invece, scrive al femminile per Arisa, straziata da una storia ormai consumata dalla pigrizia. Lui le preferisce il divano: “A che serve cercare se non vuoi più trovare/A che serve volare se puoi solo cadere (…) Non importa se sono vestita o son nuda/Se da sopra il divano più niente ti schioda/A che serve truccarmi se nemmeno mi guardi”. Secchiate di retorica in entrambi i testi, del resto gli autori sono garanzia in tal senso.
Anche i Coma_Cose cantano il loro rapporto di coppia, facendo ricorso alla catena di calembours che caratterizza i loro testi. La frase simbolo è senz’altro: “L’inverno è soltanto un’estate che non ti ha conosciuto”. Ma non scherzano nemmeno “Grattugio le tue lacrime/Ci salerò la pasta/Ti mangio la malinconia/Così magari poi ti passa (…) Resta qui e bruciami piano/Come il basilico al sole/Sopra un balcone italiano (…)”. Concetti che si ritrovano anche nel brano degli Extraliscio ft Davide Toffolo, levigato da Pacifico: “Mi agito se non ti sento /Divento aceto che ero vino (…) Senza te io morirei/Perché ho paura di camminare (…) Mi curi medicamentosa/ Mi pungi come ragno ortica/Stringi forte calamita”.
A retorica non scherzano nemmeno Fedez e Francesca Michielin: “Prima prosciughiamo il mare/Poi versiamo lacrime/Per poterlo ricolmare” (sic!) Spiace dirlo, ma il loro è il testo peggiore del festival, per distacco. Lo spirito di Kekko dei Modà si è impossessato anche di Irama: “Ci vestiremo di vertigini/ Mentre un grido esploderà (…) Andrai, piangerai, ballerai/ Scoppierà il colore/ Scorderai il dolore/ Cambierai il tuo nome”.
Amore a doppio senso
Ermal Meta sembra cantare ad una bambina, anche il se il testo calza pure bene ad una romanticissima dichiarazione d’amore: “Tu diventi più bella ad ogni tuo respiro/E mi allunghi la vita inconsapevolmente/È la mia mano che stringi, niente paura/ E se non riesco ad alzarti starò con te per terra/ Avrai il mio cuore a sonagli per i tuoi occhi a fanale/Ce li faremo bastare”.
Mentre invece Madame potrebbe cantare una storia d’amore (finita, pure questa!) fra donne, ma anche guardarsi allo specchio e parlare a sè stessa: “L’ultimo soffio di fiato e sarà la voce ad essere l’unica cosa più viva di me/Voglio che viva a cent’anni da me/Fumo per sbarazzarmi di lei/ Ma torna da me/ Dove sei finita amore/ Mi vedevano ridere sola/Ma eri te/ Ho baciato un foglio bianco/E la forma delle mie labbra”
La Rappresentante di Lista invece cantano un amore che non si limita al romanticismo: “Amare senza avere tanto/ Urlare dopo avere pianto/ Parlare senza dire niente (…) Ogni volta che stai bene/ Ho su di me/ Un desiderio profondo/ Ho dentro me/Tutti i sogni del mondo”
Una città da amare come (e con) una donna
L’amore per una donna e quello per la propria terra che si incrociano. Quelli di Fulminacci sono ambientati nella sua Roma “città di mare” ma anche “presepe sopra le montagne” e nella vicina Santa Marinella: “Non c’è più niente di cui innamorarsi per sempre/Per cui valga la pena restare/Quindi stanotte abbracciami alle spalle/Fammi addrizzare i peli sulla pelle“
Francesco Renga invece è cresciuto a Brescia. Non è chiaro se si riferisca ad essa, più probabilmente è Milano, ma certamente è la ‘mia citta’, di cui narra la magia della notte: “Gente che taglia le ombre/Mentre il traffico ancora riempie/ Spazi immensi di solitudine (…). E’una città che corre veloce, confonde le idee e fa dimenticare di ciò che conta, che poi sono i riti di ogni giorno: “Una stanza, due sedie, la cena, un film, tu che dormi sul divano, le tue cose fuori posto”.
La ribellione, l’occasione ed il riscatto
Rivincite ottenute, sperate o sognate. Farsi sempre trovare pronti e “cogliere l’attimo”, come Ghemon: “Ho aspettato in silenzio e con calma/Ma ora mi è venuta voglia di urlare/Dicono sempre che è il turno degli altri/ Ma non mi sento secondo a nessuno/ Sono convinto che questa sia/L’ora mia, il momento perfetto per me”. Bisogna avere pazienza e non arrendersi, come canta Malika Ayane: “Non è mai tardi/Non è mai detto/Che tutto sia fermo Immobile Già scritto/ Forse c’è una possibilità Che desideri/E puoi scegliere/ Ti fa muovere Senza spingere“.
A volte poi, seguire la propria strada vuol dire ribellione, come nel caso di Bugo: “Scriverò il nostro nome sui portoni/Anche se mi dici/Cristian cresci, stai su dritto /Grazie ma io/ Voglio immaginarmi che non ho sbagliato/E che il paradiso è il mio supermercato/ Con la birra in saldo e il poster di Celentano”. O in quello dei Maneskin: “Scusa mamma se sto sempre fuori, ma Sono fuori di testa ma diverso da loro/ E tu sei fuori di testa ma diversa da loro”.
A volte per fuggire basta poco. Basta la musica, per scacciare le paure e la tristezza, perchè è in grado di portarti via dagli orrori quotidiani. Come nel caso di Colapesce & Di Martino: “Metti un po’ di musica leggera/Nel silenzio assordante/ Per non cadere dentro al buco nero /Che sta ad un passo da noi, da noi (…)/ Metti un po’ di musica leggera/ Perché ho voglia di niente/ Anzi leggerissima”.
Contro corrente… e contro la musica (o presunta tale)
Non mancherà ovviamente la critica. Lo Stato sociale porterà sul palco nella serata duetti una rappresentanza di lavoratori dello spettacolo, ma della questione parla Willy Peyote: “Riapriamo gli stadi ma non teatri né live/Magari faccio due palleggi, mai dire mai”. In generale però entrambi attaccano la società ma anche un certo modo di fare musica: “Ma che senso ha/ Vestirsi da rockstar/ Fare canzoni pop/Per vendere pubblicità?“, dice il quintetto bolognese. Il rapper di Torino è ancora più diretto: “ Questa è l’Italia del futuro, un paese di musichette mentre fuori c’è la morte/ Ora che sanno che questo è il trend tutti ‘sti rapper c’hanno la band/ Sta roba che cinque anni fa era già vecchia ora sembra avanguardia e la chiamano It-pop/ Le major ti fanno un contratto se azzecchi il balletto e fai boom su Tik-tok/ Siamo giovani affermati, siamo schiavi dell’hype/Non ti servono i programmi se il consenso ce l’hai”. Piuttosto chiaro anche il riferimento alla politica.
Autopsicanalisi…da giovane
Infine, Giò Evan, che riavvolge il nastro della sua vita ad appena 32 anni con un testo imbottito di Xanax. L’Arnica, che dà titolo del brano, è una pianta con caratteristiche antinfiammatorie: “Cerco un amico per un buon tramonto insieme/ Voglio arrivare all’alba e dire dai di nuovo/ E voglio farmi scivolare il mondo addosso”E non scivolare sempre io”.