Quelli che l’inglese e il francese (e non solo): la nuova generazione della musica italiana si apre all’Europa
Ai lettori: l’appuntamento con le classifiche è sospeso:
tornerà su questo blog il 21 agosto
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Il secondo posto di Raphael Gualazzi all’Eurovision Song Contest con “Madness of love” e il successo internazionale del suo album “Reality and fantasy”, anche grazie a pezzi straordinari come “A three seconds breath” hanno riportato alla ribalta il panorama degli artisti italiani che cantano abitualmente in lingue diverse dalla nostra. Gualazzi, come anche la bolognese di origine eritrea Senit, che all’Eurovision per San Marino ha portato “Stand by“, una produzione tutta italiana, ma cantata in inglese, riscuotendo successo di critica e pubblico al di là dell’eliminazione in semifinale, sono ottimi esempi di musica “da esportazione”. E pur difendendo quella dell’italiano come scelta primaria, va detto che attualmente l’uso di altre lingue può servire da grimaldello per rilanciare il nostro sound in Europa. Una opzione che stanno provando a sfruttare in tanti, con alterni successi.
QUELLI CHE IL FRANCESE- Di Emiliana Alberini, in arte In-Grid, avevamo parlato un pò di tempo fa, annunciando il nuovo album “Passion”. Lanciata dal tormentone del 2002 “Tu es foutu”, la giovane di Guastalla è oggi famosissima all’estero. Sopra trovate “Vive le swing”, un sound retrò, ma lei rende meglio nella dance pop, come si sente da “Les fous“, anche questo estratto dall’ultimo album. Un’altra delle artiste che cantano in francese è Laura Locatori, in arte Juliette Jolie. Lanciata da “A present tu peut t’en aller”, sua versione francese di “I only wanna be with you” di Dusty Springfield, la giovane viareggina canta e compone nella lingua di sua nonna. E fa dell’ottimo bubblegum pop. Da poco è uscito l’ultimo brano (in italiano) “C’est la rumba”.
Sicuramente più raffinata la scrittura di un’altra italiana doc passata al francese dopo gli esordi in italiano: Erika Pisano, in arte Erika Blu. La trentenne romana è in uscita con “La belle saison“, album di suoi successi ricantati in francese, anticipato da “Mais que’st qu’il fais froid”, cover di “Ma che freddo fa”, portata a Sanremo nelle due versioni di Nada e dei Rokes nell’anno 1969. E poi c’è Christine Herin, in arte Naif, già quarta a Musicultura 2009. Lei è avvantaggiata, perchè essendo aostana di Quart il francese è lingua madre come l’italiano, ma ciò non le impedisce di fare ottime cose. Fra l’altro è fra i pochissimi giovani che esportano all’estero. In Francia, Belgio, Lussemburgo e Canada è uscito “Faites du bruit”, versione internazionale dell’album “E’tempo di raccolto”, che contiene anche la tracktitle.
QUELLI CHE L’INGLESE – Già detto di Gualazzi e Senit, che in qualche modo hanno riaperto questo filone, sinora la sola ad ottenere ottimi riscontri in inglese erano stati Elisa e Mario Biondi. E dire che negli anni’80, con la cosiddetta italo-disco, esportavamo prodotti di ottimo livello (Fabio Roscioli, in arte Ryan Paris, partì da Roma con “La dolce vita” ed oggi è un dj affermato in Germania, Spagna e Raf cominciarono con la dancepop in inglese, prima ancora c’era “One for you, one for me” dei La Bionda, capofila dell’italodisco), in qualche caso mescolato a discutibili operazioni mediatiche (su tutti i celebri casi Den Harrow e Valerie Dore, i cui successi principali erano cantati da voci fuori campo).
Aspettando “Through the rain”, il nuovo di Senit appena uscito ma non ancora disponibile in video, la cosa migliore della nuova generazione è “Burning flames”, della salernitana Denise Galdo, tracktile di un album pieno di sonorità innovative. La lista di chi canta in inglese è ovviamente lunga e varia, ma soprattutto fra le giovani generazioni, le belle cose si sprecano. Se vi piace il pop rock alternativo potete andate su “Italian job” dei Phinks, altrimenti potete dirottare sui Klame, triestini che passano dall’hard rock al pop più tranquillo, come in “I need you now“, portata alle selezioni svizzere per l’Eurofestival. Il leader è Daniele Moretti, autore della musica del pezzo che rappresentò l’Irlanda al festival continentale nel 2009, ovvero “Et cetera”, di Sinead Mulvey & Black Daisy.
Il sound pop rock in inglese da noi comincìò a metà dei ’90 con i Novecento di Dora Carofiglio (appunto la “voce” di Valerie Dore): sono ancora in attività: dall’ultimo album “Secret”, l’ultimo singolo è “Stop the time”. Sia pur avvalendosi a volte di vocalist, nel settore lounge e jazz hanno ottimi riscontri all’estero anche i Gabin: “Lost and found” ha accompagnato l’album “Third and double”. Poi naturalmente c’è tutto il filone della dance crossover, specialità nella quale in Italia siamo stati lungamente campioni ed ancora ci difendiamo benissimo, con prodotti di alto livello di gruppi storici, come “Another Sunrise” dei Planet Funk oppure “Stars” di Ti.PI.Ca.L.
QUELLI CHE…LE ALTRE LINGUE – In calo decisamente gli artisti italiani che scelgono lo spagnolo: negli anni ’90 c’erano i Righeira e Antonella Bianchi, in arte Belen Thomas. Oggi i portabandiera della lingua sono i vicentini Los Locos con la loro musica da ballo, ma trovare produzioni italiane in spagnolo nel pianeta pop attuale è molto più difficile. L’ultima di cui si ha notizia è “La Peluquera” della friulana La Fè del 2010. Praticamente scomparso invece l’uso del tedesco: negli anni’90 fece furore la filastrocca di Mo-Do, all’anagrafe Fabrizio Frittelli, “Eins Swei Polizei“, di recente riproposto in un inutile remix.
Oggi gli italiani che si esibiscono in tedesco sono quasi esclusivamente quelli del genere schlager classico: la bolzanina Belsy Demetz, per esempio, è una istituzione nel suo genere, con 7 album all’attivo e numerosi premi vinti. E poi c’è chi ha fatto scelte diverse, come Saba Anglana, di cui avevamo già parlato. L’attrice e cantante romana di origini somale, ha recentemente inciso “Biyo”, album che comprende anche canzoni nella lingua delle sue origini ed in amarico. La tracktitle è molto di spessore e di atmosfera.
2 risposte
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