Music Summer Festival, ovvero: la fiera dei soliti noti. Prima serata a Clementino
No, per favore, non chiamatelo “Il nuovo Festivalbar”. Con la storica rassegna che ha chiuso nel 2007, il Music Summer Festival non c’entra niente. Anche se l’ispirazione è chiara e il tentativo (goffo) di imitazione c’è tutto. La rassegna vista ieri sera nella sua prima puntata, oltre a mostrare una netta differenza qualitativa fra gli ospiti internazionali e molte delle proposte italiane (soprattutto i rapper, tranne Clementino) ha mostrato un quadro desolante. Al Festivalbar, quello vero, c’era un parterre serio e molto più vario.
Un parterre modesto, con i soliti nomi, poco spazio a proposte che non siano quelle di una certa fetta del mainstream (neanche tutto), divisioni delle due categorie a casaccio (due vincitori di Sanremo fra i giovani e semi carneadi come Fedez o gente come Emis Killa e Nesli fra i big (assenti in questa prima sera), Moreno fra i big e Greta Manunzi no, benché primo e seconda dello stesso talent). Ed assisterete, nelle prossime sere (perché tutto si è già concluso e quelle che vedete sono serate registrate) ad eliminazioni assurde e qualificazioni altrettanto incredibili (o forse no). Ieri sera, intanto, ha vinto Clementino. Che ovviamente non era il migliore dei sei. Ma si sa, questo è l’anno dei rapper spuntati come funghi.
Ci si aspettava un po’ di novità dalla gara dei dj e invece si scopre che non solo non c’è gente nuova (i Pap’s N Skar cantano da almeno un decennio e DJ Matrix ha già tanta roba all’attivo: peraltro hanno anche perso ed erano migliori di chi ha vinto) ma anche che gli artisti sono casualmente tutti di una stessa etichetta (ben stampata sulle magliette, per dire), quella del mentore della gara Gabry Ponte, quest’anno fra i protagonisti del talent show del quale è presente fra i big uno dei direttori artistici, e sono in gara fra i giovani due cantanti dell’ultima edizione. Per tacere del fatto che si sono viste accoppiate già note come Modà e Bianca Atzei, della stessa etichetta, i primi che lanciano la seconda.
Si salvano in pochi. Pino Daniele, Alex Britti, Antonio Maggio, Renzo Rubino. Oltre agli ospiti Agnes, Ola, Icona Pop: tre svedesi, forse non proprio il meglio del mainstream europeo adesso (peraltro i brani di Ola e delle Icona Pop hanno quasi un anno: da noi sono arrivati da poco, come sempre capita), ma rispetto alla media di quello che si è sentito da quasi tutti gli altri, sembravano il premio Tenco.
Più che la festa della musica estiva, la sagra del product placement. Il cui culmine è stata l’esibizione di Pino il Pinguino, sulle note della canzone di Elio, quella che dice che telefonare e messaggiare costa memo. Ma chissà, i soliti saranno contenti. Quelli che dicono che l’Eurovision è trash perché il pubblico sventola le bandierine, gli artisti partecipano alle coreografie e si muovono sul palco invece di stare fermi davanti a un microfono. Quelli che parlavano di “imitazioni da poracci” in riferimento al più grande show canoro europeo, dove ci saranno anche le basi ma almeno si canta live. Loro si, saranno contenti, di questo festival con clip defilippiane, rapper tutti uguali, gente trita e ritrita e canzoni in playback. E si è vero. Lo faceva anche il Festivalbar, il playback. Ma almeno era bilanciato con il livello di ciò che veniva proposto.