Sanremo Giovani: quattro storie della nuova Italia sul palco dell’Ariston

Non è ancora il Sanremo della contemporaneità, nemmeno nei giovani, almeno non completamente, ma sicuramente sarà il festival dello zeitgeist, lo spirito dei tempi. Dalle due selezioni dei giovani esce infatti un parterre che riflette storie e volti che fotografano al meglio l’Italia di oggi. Fatta di ragazzi italiani doc  con percorsi musicali vari,  ma anche (per metà, 4 su 8) di “nuovi italiani” che hanno storie e percorsi di vita da raccontare, che italiani lo sono al cento per cento, al di là del colore, della religione, del luogo di nascita. Storie  che in un modo o nell’altro faranno parlare, per la musica e per i testi, ma non solo.

Sanremo Giovani 2016

Micheal Leonardi, per esempio, ha 25 anni, una voce da tenore e una vita a metà fra Sidney, dove è nato e la Sicilia, dalla quale i suoi genitori (mamma di Palermo e padre della provincia di Enna) sono emigrati in cerca di fortuna. Il mondo l’ha conosciuto nel 2008, quando cantò per Papa Benedetto XVI alla Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolse proprio a Sidney e da allora ha cominciato a cantare in alcuni dei più importanti teatri di Italia, Germania, Australia e Stati Uniti. Cresciuto a Bocelli e Pavarotti, di lui si è accorta Caterina Caselli che lo ha messo sotto contratto con la Sugar.

Rinascerai” è un pezzo brutto e vecchio, ancora più vecchio di quanto non possa essere un operatic pop, appesantito anche dal modo di cantare barocco dei tenori che provano a fare gli artisti pop e il suo italiano poco fluido contribuisce a rendere il tutto ancora più pesante.  L’effetto (inquietante) è quello di  Micheal Bublè che incontra Il Volo, ma in fondo, a una certa fetta del pubblico sanremese e a quegli italiani all’estero legati ai clichè musicali italiani, importa poco. Anzi…

Agli antipodi con Leonardi c’è Ermal Meta. Uno con la sua carriera finito nei giovani suona quasi stridente, come fu per Zibba e The Niro nel 2014 e la sua “Odio le favole”, che esce per la Mescal fondata da Ligabue è la più mainstream delle canzoni in concorso. Lui, arrivato vent’anni fa da Fier, 340mila abitanti a un’ora di macchina da Tirana, di Sanremo ne ha già fatti due, sempre nei Giovani, nel 2006 con gli Ameba 4  e nel 2010 con La Fame di Camilla, con “Buio e luce”, una delle migliori canzoni passate dall’Ariston. Negli ultimi anni ha trovato una nuova popolarità come autore, scrivendo per molti artisti del nostro mainstream (sono sue fra l’altro “Non so ballare” di Annalisa e “Straordinario” di Chiara, oltre a “Occhi profondi” di Emma).

Poi c’è la storia di Cécile, al secolo Cécile Ngo Noug, 21 anni, nata a Roma da una mamma camerunense appena diciassettenne ex nazionale di Calcio, cresciuta a casa di una suora laica del Centro per la Vita (che lei chiama “nonna”), ex dove ancora vive. Ex cestista professionista (ha giocato anche in A2 con Napoli), cantante, rapper, ballerina, performer, violinista, porta un pezzo con dentro tutti i peggiori stereotipi e luoghi comuni razzisti tornati prepotentemente in voga, dalla “mamma che mi nota e stringe il figlio a sé”, “mi chiedeva di che colore avessi il sangue” sino a “non ti preoccupare della negra quando è triste prende e danza”. Per concludere che “Ma quando mi vedi nuda, vado bene anche se sono negra”. Farà sicuramente parlare e pare che già siano cominciati anche i commenti negativi.

Alessandro Mahmoud, in arte Mahmood, 23 anni, è invece sardo di padre egiziano e tre anni fa ha fatto X Factor, nella squadra degli Over 25 con Simona Ventura. Poi un EP, parecchia roba passata su Radio Deejay nei programmi di La Pina e tanta musica di ricerca, sofisticata, di qualità ma difficile al primo ascolto, come il brano sanremese. L’Ariston è una sfida, come una sfida sono le quattro storie di nuovi italiani, che Sanremo a suo modo cercherà di declinare. Intanto, c’è già un traguardo: mai tanti artisti italiani di origine straniera avevano gareggiato tutti insieme nella stessa edizione e nella stessa categoria.

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