E’ uscito “Il serpente tonto”: Enrico Nascimbeni si racconta a Dove c’è Musica
E’uscito da poco “Il Serpente tonto“, ottavo album di Enrico Nascimbeni, (foto Marilena Mura) veronese, cantautore e giornalista. Un lavoro di classe, che mescola ironia e voglia di raccontare storie. Cantautorato al passo con i tempi, testi e musiche resi forti anche da tanti anni di esperienza live.
Con l’occasione, Nascimbeni, che ha anche lavorato in alcuni importanti quotidiani italiani, come inviato di guerra e come cronista in diverse importanti inchieste (dunque è un collega, ci fa doppiamente piacere parlarne!), oltrechè al tg Studio Aperto, racconta a Dove c’è musica sè stesso e il suo modo di vivere le canzoni.
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In questo album c’è spazio per canzoni che parlano d’amore, ma anche per storie, schizzi di vita dipinti sulle ali della musica, come “Gauguin” e “Brest”. Qual è il filo conduttore che l’ha guidata nella realizzazione del lavoro?
La consapevolezza che gli anni passano sempre piu’ veloci e che le cose che rimangono nella mente e nel cuore sono i ricordi di persone che non ci sono piu’, o si sono perse nella vita. Ma soprattutto l’accorgersi che, secondo me, nelle cose semplici e nei piccoli gesti si puo’ trovare veramente la poesia. Questo e’ un piccolo viaggio dentro me stesso e un bilancio, sereno, della mia vita.
Il serpente tonto, track title suggestiva e surreale? Come mai questa scelta?
Prima di tutto perche’ lo trovavo un titolo divertente e sdrammatizzante. Il serpente cambia pelle, come me. Il serpente e’ venerato dalle religioni, temuto dall’uomo, come il serpente teme l’uomo. Il brano parla di un artista sciupa femmine che approfittando della sua condizione di artista ne sciupa una al giorno. Questo ero io anni fa. Questo sono ancora dei miei colleghi adesso. Tonto? Sono un uomo che vive in uno stato di costante disordine mentale e credo ancora a Babbo Natale. Quantomeno ci voglio credere. E’ utopia lo so. Ma nel mio mestiere chi non scivola nell’utopia si inaridisce. Meglio sognare ad occhi aperti, che vedere la realta’ ad occhi chiusi.
Nei precedenti lavori aveva utilizzato sequenze di musica elettronica, adesso è tornato a suonare con i musicisti di sempre, che lo accompagneranno anche nel tour. Un ritorno al passato oppure la necessità di tornare a centrare l’obiettivo sulle storie narrate? O cos’altro ancora?
L’esigenza di tornare ai suoni dei miei primi album, cioe’ senza piu’ campionature o artifizi elettronici. Il ritorno all’emozione di un quartetto d’archi, del suono di un piano o di una fisarmonica. Per tutto questo devo dire grazie al mio nuovo arrangiatore, Patrizio Bau’, che ha saputo interpretare perfettamente quello che volevo. La mia intenzione e’ di proseguire in futuro la strada dei “suoni veri”. Anche piu’ ermetici, come un piano-voce o un chitarra-voce. L’ultimo album che avevo fatto con strumenti veri risale al 1983. E’ stato un tuffo nel passato , e nel futuro, ritornare in questa dimensione.
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Quanto c’è della sua carriera di giornalista nelle cose che mette in musica ed in particolare in questo album?
Nulla. Sono giornalista professionista con la qualifica di inviato speciale da oramai vent’anni. Ho tra l’altro seguito l’inchiesta Mani Pulite e sono stato inviato di guerra nelle ex jugoslavie, per quattro volte. Quindi ho visto e descritto corruzione e morte. Non amo farne cenno nelle mie canzoni. Una cosa si il giornalismo ha dato un’influenza nulla mia carriera di cantautore: la sintesi.
Dopo solo un mese dall’uscita l’album è già disco d’oro, nonostante oggi l’attenzione di radio e media si concentri su altri prodotti. Un successo importante, frutto anche della promozione in rete….
Punto tutte le mie carte sull web. Nel 2009 la classifica Itunes Rewind ha decretato che sono l’artista che in Italia ha venduto di piu’. Incredibile, ma vero e testimoniato dalla Apple. La rete per me e’ divertimento e lavoro. Ho un sito su Myspace che conta oramai piu’ di un milione e quattrocentomila presenze. E poi c’e’ Facebook, che non ho scoperto da molto ma mi piace. Penso che i miei siti e la mia scalata nel web sia dovuto al fatto che rispondo sempre in prima persona a chi mi scrive. Che apro dibattiti, che non nascondo le mie idee politico-sociali. I miei colleghi demandano ad altre persone la gestione dei loro siti. Lo trovo scorretto. Perche’ chi scrive si rivolge al cantante, no a chi rappresenta questo cantante, o attore etc. etc. Se in due anni ho vinto due dischi d’oro e uno di platino lo devo in larga parte al web, che frequento giornalmente, anche quando sono lontano a cantare. Mi metto almeno un’oretta nella stanza della’albergo che mi ospita e col mio portatile mi collego con amici, persone sconosciute e con il mondo.
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Ne “Il serpente tonto” ci sono anche delle cover di artisti importanti come Lauzi e Vecchioni, e personaggi meno noti come Pablo Milanes ed anche un pezzo dello spagnolo Joaquin Sabina. Canzoni e personaggi da scoprire e riscoprire?
Vecchioni, mio amico e maestro, nonche’ autore con me di alcune canzoni, alcune cantate insieme, non ha certo bisogno di essere scoperto. Lauzi sicuramente dovrebbe essere ricordato di piu’, visto che ha fatto la storia della musica italiana. Joaquin Sabina e’ un cantautore immenso spagnolo con il quale collabroro oramai da due album. Consiglio vivamente a chi non lo conosce di ascoltarlo. Con Pablo Milanes, che tanto per intenderci ha scritto , tra i suoi brani, “Hasta siempre”, c’e’ una profonda amicizia e affinita’ di ideali. Faro’ tra non molto un concerto con lui a Cuba.
L’amicizia con Vecchioni, tante collaborazioni, testi scritti per altri artisti (fra cui Paola Turci), una vita fra Milano, Verona e Barcellona. Come nascono le sue canzoni?
Da un pensiero, da un’immagine, da un ricordo e dal presente. A volte penso che le mie canzoni sono lettere a me stesso. A volte invece penso che siano lettere scritte a chi mi ascolta, per condividere la mia vita con la sua.
Secondo lei c’è ancora spazio per il cantautorato tradizionale oppure le nuove frontiere della musica televisivizzata stanno fagocitando tutto, tanto da far pagare dazio anche ad artisti affermati (vedi l’esclusione di Ruggeri dalla finale di Sanremo ndr…)? Qual è la strada per la sopravvivenza del cantautorato?
Scrivere se si ha qualche cosa da scrivere e non farlo comando. Il cantautorato non e’ mai morto, sono certi cantautori che oramai non hanno piu’ nulla da scrivere ma continuano a farlo per abitudine e per denaro. E’ scontato dire che oramai se non appari in tv non esisti per la gente. Ma non e’ del tutto cosi’ per me, all’apparire preferisco l’essere. Anziche’ mostrare i bicipiti nel piccolo schermo preferisco usare il muscolo che mi e’ piu’ caro: quello del cuore.
quello che stavo cercando, grazie