Maitre Gims conquista anche la chart FIMI. Quanti africani di successo in Italia!
Qualche giorno fa avevamo dato conto del clamoroso primato su I tunes Italia di “Est ce que tu m’aimes?“; un brano nientemeno che dello scorso aprile ma che da noi è arrivato adesso e che in poche settimane aveva scalzato dalla vetta Adele. Ebbene, l’operazione si è ripetuta anche nella classifica ufficiale italiana, quella FIMI, che comprende tutti i download (non solo quelli di Itunes) ma anche le vendite fisiche e gli streaming.
L’impresa, che ufficialmente è avvenuta nell’ultima classifica del 2015, anche se è stata diramata in questi giorni – abbatte una serie di primati. Non è certamente la prima canzone in francese che ha raggiunto la nostra vetta (ricorderete “Alors on danse” di Stromae nel 2010, solo per citare la più recente: sul tema torneremo), ma un artista africano mancava dal vertice della classifica italiana da 21 anni. Gli ultimi a riuscirci furono infatti Youssou N’Dour e Neneh Cherry nel 1994 con la mitica “7 seconds”.
Se Maitre Gims è congolese – sia pure ormai francese di adozione, anche se tuttora in attesa del passaporto transalpino – Youssou N’Dour è senegalese e Neneh Cherry, pur svedese, ha origini paterne della Sierra Leone. Ha origini africane- ruandesi per la precisione – anche Stromae, ma il cantautore è nato e cresciuto in Belgio con la madre fiamminga dopo che il padre è morto nel genocidio del Ruanda quando lui aveva 9 anni, quindi va considerato europeo. Maitre Gims stesso, pur cresciuto in Francia, si definisce “un artista africano“. Il rapper è il primo congolese della nostra classifica.
Oltre a Maitre Gims e al citato duo, solo altri due africani hanno raggiunto il primo posto nel nostro paese: si tratta di F.R. David, tunisino (naturalizzato francese) nel 1982 con la one hit wonder “Words” e poi di una sorta di mito, il mozambicano Afric Simone con “Ramaya“, nel 1976. “7 Seconds” e “Ramaya” sono anche le sole due canzoni cantate in tutto o in parte in una lingua africana ad essere entrate nella nostra classifica: la prima contiene una parte in lingua wolof (parlata appunto in Senegal), la seconda è cantata in una lingua africana ancora non ben chiara, probabilmente lo swahili o un dialetto bantù.
Altri artisti africani riuscirono ad arrivare da noi con buon successo radiofonico, meno discografico. Il più celebre è l’algerino Khaled con “Aicha“, scritta da Jean Jacques Goldman, che si fermò al numero 42 nel 2003 dopo aver sbancato le classifiche di mezzo continente europeo. Il brano fra l’altro da noi arrivò interamente in francese mentre nella versione originale contiene una parte in arabo: il successo europeo fu tale che Khaled fu anche minacciato di morte dagli estremisti islamici. L’Italia ricorda anche Kelly Joyce, una delle prime artiste di cui abbiamo parlato qui: figlia di un discendente di principe Bantù, origini congolesi e senegalesi, cresciuta in Francia, piazzò al quinto posto “Vivre la vie” nel 2001 e vendette 600mila copie nel mondo dell’album annesso.
Sanremo ha ospitato spesso cantanti africani: N’Dour stesso fu in gara insieme a Pupo e Paolo Belli nel 2009, col brano “L’opportunità” ma andando indietro si ricordano i malgasci Les Surfs, che entrarono nella nostra classifica (numero 2) nel 1964 con la celeberrima “E adesso te ne puoi andar”, versione italiana del brano “I only want to be with you” di Dusty Springfield e sul palco dell’Ariston salirono tre volte fra il 1965 e il 1967, sfiorando la vittoria nelle ultime due rispettivamente con “In un fiore” (doppia esecuzione con Wilma Goirch) e “Quando dico che ti amo” (doppia esecuzione con la marchigiana Annarita Spinaci). E da Sanremo passò anche la grandissima “Mama Africa”, ovvero la sudafricana Miriam Makeba. Nel festival griffato Aragozzini del 1990, che abbinava “ufficialmente fuori gara” stranieri ad italiani, accompagnò il ritorno alla musica di Caterina Caselli: “Bisognerebbe non pensare che a te” divenne per lei “Give me a reason”, con un testo chiaramente incentrato sulla situazione politica del suo paese.
Citazione finale per due donne di origine egiziana ma in realtà citttadine del mondo: Zenima, che accompagnò Mango a Sanremo nel 1998 col brano “Luce” e Dalida, probabilmente la più celebre cantante francese (ma anche un pò italiana) dell’ultimo mezzo secolo. La sua popolarità nel nostro Paese è enorme, ma la sua partecipazione a Sanremo è legata ad un fatto tragico: c’era lei, in doppia esecuzione con Luigi Tenco nel 1967 in “Ciao amore ciao”, quando l’artista genovese, dopo aver appreso di non essere entrato in finale si suicidò nella camera d’albergo. E fu proprio lei a scoprirne il cadavere.