Aspettando Sanremo 2016: non solo Elio, 10 esibizioni festivaliere da ridere (ma poi non tanto)

Elio e le storie tese partono fra i favoriti nell’edizione 2016 del Festival di Sanremo che comincia domani. A 20 anni dal loro terzo posto con “La terra dei cachi” e dopo il secondo posto del 2012 con “La canzone mononota” ci riprovano con “Vincere l’odio”, che lancerà quello che pare essere il loro ultimo tour. La loro ironia è essenziale per dissacrare il Festival. Prima di loro, tanti ci hanno provato, non tutti ci sono riusciti. Eccone un campionario (ovviamente non esaustivo).

Le figlie del vento – Sugli sugli bane bane (1973): Considerata l’antesignana della canzone demenziale, contribuì a fare conoscere il trio vocale femminile. La canzone non arriva in finale (e quindi non passa in tv), ma le ragazze sono comunque su tutti i giornali e per i successivi brani si scomodano anche autori celebri, su tutti Roberto Vecchioni. Il testo è completamente nonsense (nel senso di frasi accostate apparentemente scollegate fra loro), ma l’armonia vocale del quartetto è impressionante.

Elio

Enrico Beruschi – Sarà un fiore (1979): Viene da chiedersi come mai l’Italia bacchettona del 1979 non si accorta del testo di questa canzone. Tema della canzone: lui e lei sono sposati e si amano, ma lei si lamenta del marito a letto: “Cusa l’è ches chi” sarà pure in dialetto milanese ma il riferimento è chiaro. La canzone chiude con un ottimo quinto posto.

Pandemonium – Tu fai schifo sempre (1979): L’anno prima coristi di Rino Gaetano, i Pandemonium sono ancora oggi uno dei massimi esempi di teatro canzone italiana. Nell’anno che ha visto vincere un illustre sconosciuto  (Mino Vergnaghi, oggi collaboratore di Zucchero) e sfiorare il colpo grosso uno dei pezzi più surreali e fuori dagli schemi della storia sanremese (Barbara di Enzo Carella), loro arrivano decimi. Ed è un successo, considerando il pezzo completamente alieno alla rassegna.

Marinella- Ma chi te lo fa fare (1981): Già vista al Sanremo 1979 (annata d’oro!), la bolognese Marinella Bulzamini entra di diritto nell’albo del trash con un pezzo che però trash lo è solo nella coreografia, perchè il testo è una critica velata alla società del tempo, sospeso fra sogni e speranze. Settimo posto, ma per chi se lo ricorda, è l’anno di Tom Hooker che canta “to to toccami piccola lucciola” sui pattini…

I figli di Bubba – Nella valle dei Timbales (1988): Due mostri sacri come Franz Di Cioccio e Mauro Pagani della PFM, due comici allora molto in voga come Sergio Vastano e Enzo Braschi, due giornalisti genovesi. Un progetto creato per il Festival che si beccò anche una censura nel testo, laddove “fanculo” diventa nel prime time  “saluti“. Il tutto è straordinariamente surreale, il testo gioca sul filo dell’ironia, ma fino ad un certo punto: Sedicesimi, giusto a centro plotone.

Francesco Salvi – Esatto (1989): Sono gli anni del furore per il comico di Luino, reduce dall’enorme successo del suo show sulle reti Mediaset. Fra il comico, il trash e (non stavolta) il testo impegnato, porta all’Ariston una ventata di allegria (fra l’altro sbancando largamente anche le classifiche). Ci riproverà altre tre volte (1990, 1993, 1994), con risultati alterni.

Armando De Razza La lambada strofinera (1990): L’uomo che solo l’anno prima aveva fatto ridere l’Italia con la mitica “Esperanza d’Escobar”, prodotto del clan Arbore, arriva sul palco di Sanremo con la dissacrazione della Lambada, ballo lanciato in quegli anni dai francesi Kaoma, peraltro presenti “ufficialmente fuori concorso” abbinati ad Anna Oxa in gara fra i Big. Tema del brano: lui è in discoteca e vorrebbe provarci con tutte ma è stanco e rischia il fiasco. Poi però arriva una lambada e “facilita l’azion“. Finalista fra i Giovani. Il testo in spagnolo maccheronico è il tratto distintivo del personaggio che di sè dice: “Yo no soy ni italiano, ni spagnolo, soy escobarita…”

Marco Carena – Serenata (1991): Il cantante genovese era noto al pubblico (di nicchia, invero) per aver vinto il Festival di San Scemo, il festival della canzone demenziale, oltrechè per le numerose apparizioni televisive. Arriva fra i Giovani del Festival 1991 a 34 anni, per cercare la definitiva consacrazione. “Serenata” è un florilegio di doppi sensi, approda in finale ma finisce scaraventata nei bassifondi. Tema della canzone: lui vorrebbe fare l’amore con lei, lei parla parla, ma non si concede mai: “E andiamo avanti a se….se…serenate. Sai quante te ne ho dedicate di se..se..serenate?“.

Gianni MazzaIl lazzo (1991): Quel gran burlone di Gianni Mazza, musicista del clan Arbore, dopo anni di onorata militanza sugli schermi tv si iscrive di proposito alla sezione Giovani di Sanremo, alla veneranda età di 48 anni. Il brano è un finto jazz con un testo da avanspettacolo anni 80. Frase clou: “Da questa sera il mondo intero avrà la sua canzone del lazzo“. L’esito, prevedibile, è che non arriva neanche alla finale.

Sabrina Guzzanti e la riserva indiana- Troppo sole (1995): Come buttare dieci anni di onorata carriera in tre minuti. David Riondino è autore anche di brani di successo (“Maracaibo”), attore impegnato e ironico, la compagna Sabrina Guzzanti è attrice comica discussa, ma senz’altro di successo. Nel 1995 reclutano una lunga serie di personaggi della intellighenzia politica e culturale di allora (ma anche di oggi) a mò di figuranti e coristi per questa performance su un brano che sarebbe una critica alla società, nascosto però dietro un testo troppo complesso per un festival di canzonette. L’esibizione, la vedete qui sotto, è imbarazzante. Chiudono terzultimi.

 

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