Eurovision 2016, le eliminazioni di Bosnia e Grecia faranno scuola
L’eliminazione di Bosnia Erzegovina e Grecia è senz’altro un brutto colpo per una rassegna come l’Eurovision Song Contest. Prima di tutto sul piano strettamente dell’audience, perché la Grecia è uno dei paesi che da sempre fa gli share più alti; poi sul piano della varietà musicale, perché escono due pezzi che – pur in modo diverso – si staccavano dalla media e soprattutto si proponevano in lingue diverse dall’inglese. Poi anche sul piano delle storie da raccontare, perché nell’anno del “Come together” esce una canzone sui migranti cantata da discendenti di migranti.
Bosnia e Grecia escono per la prima volta nella loro storia lo fanno nell’anno in cui le loro tv hanno avuto grossi problemi. BHRT, la tv bosniaca, era tornata dopo tre anni e aveva rischiato di ritirarsi in corsa, non solo per motivi economici (un litigio con l’autore del brano stava per mandare all’aria il progetto) ma alla fine aveva scelto di esserci, pur dilaniata dalle divisioni politiche e sociali fra tre etnie ed altrettante reti.
ERT, la tv greca, riflette i problemi di un paese. Nessuna selezione nazionale, una scelta interna e la decisione di partecipare presa molto in là nel tempo. L’apice di un quinquennio nel quale si sono alternate selezioni nazionali in un ipermercato, collaborazioni con una tv privata e partecipazioni in deroga, in assenza di una vera e propria emittente (al momento del passaggio a NERIT, poi abolita).
E del resto, che l’Eurovision sia anche un indicatore chiaro del momento storico dei paesi è ormai chiaro a tutti. Basta guardare, per esempio, i piazzamenti della Grecia. Un paese che fino al 2011 aveva sempre costantemente portato qualunque sua canzone in top 10, spesso partendo anche con ambizioni di successo, da quando è cominciata la crisi del Paese ha visto crollare le proprie quotazioni. Il sesto posto dei Koza Mostra nel 2013 è stata una felice parentesi fra una serie di risultati mediocri, culminati nell’eliminazione di quest’anno. Quanto alla Bosnia, i fasti degli anni 90 sono ormai molto lontani.
Al di là del valore delle canzoni (il brano bosniaco correva in effetti in salita) o delle performance (non proprio brillanti gli Argo), la sensazione è che la rassegna potrebbe perdere per un po’ questi due paesi, cui forse i problemi interni hanno tolto anche la voglia di giocare con le canzoni. Ecco, allora forse l’EBU dovrebbe ripartire da qui: rendere questa rassegna ancora più accessibile di quanto già non sia. Altrimenti si rischia di metterla in mano a un gruppo ristretto di nazioni: quelle dove è una religione e quelle dove la musica spesso passa in secondo piano.