Non solo Rasmussen: l’Eurovision Song Contest e quella voglia di Fede e spiritualità

Che l’Eurovision Song Contest sia ormai diventato – oltrechè uno spettacolo musicale ed un evento televisivo – anche un palco dal quale lanciare messaggi al mondo è ormai un fatto noto. La vittoria di Conchita Wurst nel 2014 fu il primo grande segnale, ma in realtà è stata solo la punta dell’iceberg. Molti artisti nel corso degli anni, sfruttando le pieghe del regolamento, sono riusciti a parlare di temi ‘proibiti’ sul palco, come ad esempio la politica: il caso degli israeliani Teapacks, che nel 2007 rischiarono la squalifica perchè la loro ‘Push the button’, senza citarlo direttamente, faceva però un chiaro riferimento all’arsenale militare dell’Iran, è rimasto nella storia del concorso. Stessa sorte rischiarono i lettoni Inculto nel 2010 perchè in ‘Eastern european funk’ c’era un velato riferimento alla dominazione russa.

Rasmussen (@Andres Putting EBU)

Lo stesso può dirsi della religione: non si può fare alcun esplicito riferimento a nulla che rimandi a qualunque credo, dice il regolamento. Eppure stasera, in un certo senso, la Fede sarà sul palco dell’Eurovision. “Higher ground’, la canzone che Rasmussen  eseguirà in rappresentanza della Danimarca nella seconda semifinale racconta – pur senza citarlo direttamente – la vicenda di Magnus Erlendsson, conte norvegese non violento convertito al Cattolicesimo che regnò sulle Isole Orcadi e che fu elevato alla santità nel 1898 da papa Leone XIII per essersi rifiutato di combattere per ben due volte. Una storia che gli autori del testo, un team svedese, hanno preso dalle saghe della tradizione nordeuropea: sono diverse quelle che la raccontano, alcune anche tramandate oralmente. Della storia ho avuto personalmente modo di raccontare in forma estesa recentemente sul quotidiano Avvenire.

Il regolamento c’è, ma a volte va interpretato e la scappatoia si trova sempre. Basta scorrere l’albo d’oro della rassegna, per esempio, per incontrare ben due canzoni vincitrici con chiari riferimenti alla Fede: “Hallelujah” degli israeliani  Gali Atari & Milk and Honey (1979, la versione inglese è ancora più chiarificatrice in questo senso) e “Hard rock hallelujah” dei finlandesi Lordi (2006): basta andare oltre le pesanti maschere di lattice ispirate ai film horror per scoprire che il testo della loro canzone è in realtà un grande inno al Dio creatore: “Gli angeli del rock n’roll portano l’Hallelujah / Nella creazione di Dio Altissimo e soprannaturale / Solo chi crede davvero / sarà salvato“. Più chiaro di così… E dire che qualcuno, in Finlandia, li tacciò persino di satanismo: sarebbe bastato leggere i testi delle loro canzoni…

Il regolamento, appunto. Nel 2013 le selezioni svizzere furono vinte da quello che in tedesco è denominato Heilsarmee, ovvero l’Esercito della Salvezza. Si trattava di una band composta da sei veri appartenenti all’organizzazione umanitaria afferente alla chiesa evangelica, la maggiore struttura religiosa umanitaria non cattolica al mondo. La EBU accettò la loro partecipazione col brano “You and me” ma impose il cambio del nome e delle divise con le quali si erano presentati in concorso, quelle dell’organizzazione. Il gruppo si rinominò così in Takasa (con un astuto stratagemma per mantenere in realtà la loro denominazione…) e si presentò vestito di bianco.

Non solo. Negli ultimi anni, nelle finali nazionali è un florilegio di spiritualità. Nel 2012, la Germania presentò al via della propria selezione Die Priester (ovvero “I preti‘), tre  sacerdoti che da anni incidono musica sacra e a sfondo religioso a scopo benefico: accompagnati dalla soprano Mojca Erdmann, furono però costretti a modificare il testo della loro canzone che originariamente si chiamava ‘Ave Maris Stella’    ed era chiaramente una rivisitazione dell’antica preghiera cattolica:  divenuta Meerstern, sei gegrüßt, la canzone non ha staccato il biglietto per la Svezia.

Nel 2014, sull’onda dei successi italiani di suor Cristina, altre suore Orsoline, a Malta, con il nome di Ekklesia Sisters, tentarono la strada del concorso con ‘Love and let go’; ne parlammo sia in occasione della loro presentazione che dell’annuncio del brano. L’ultimo esperimento l’anno scorso, quando dopo la sua partecipazione al talent show La Voz, versione spagnola di The Voice, Padre Damian Montès, trentenne sacerdote di Granada, tentò la scalata alla finale nazionale spagnola con un brano totalmente pop, senza riferimenti religiosi, non riuscendo però a passare la preselezione.

Senza contare che anche l’Italia, sabato sera, con Ermal Meta e Fabrizio Moro, sfiorerà – nemmeno poi così poco  – l’argomento: nel testo di ‘Non mi avete fatto niente’ si legge infatti: “C’è chi si fa la croce, chi prega sui tappeti /Le chiese e le moschee, gli imam e tutti i preti / Ingressi separati della stessa casa /Miliardi di persone che sperano in qualcosa”. La voglia di fede e dispritualità dunque, cresce anche in un concorso da sempre ‘neutro’ come l’Eurovision: prima o poi bisognerà tenerne conto.

Emanuele Lombardini

Giornalista, ternano, cittadino d'Europa, liberale. Già speaker radiofonico. Ha scritto e scrive di cronaca, sport, economia e sociale per giornali nazionali e locali per vivere; scrive di musica su siti e blog per sopravvivere.

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