L’Eurovision e i fan tossici: perchè è sbagliato escludere la tv israeliana dalla rassegna

Yuval Raphael @Alma Bengtsson

In queste ore – ad Eurovision Song Contest concluso – stanno emergendo diverse questioni relative al voting. Il secondo posto di Israele, favorito da una campagna promozionale tramite Google Ads dell’agenzia governativa pubblicitaria di Stato, sta facendo molto discutere. Un meccanismo legale e del resto non è la prima volta che altri Paesi si sono comportati allo stesso modo. La vittoria di Ruslana nel 2004 in quota Ucraina e quella di Ell & Nikki nel 2011 per l’Azerbaigian furono entrambe costrute dalla Euromedia Company, una società di management e marketing con forti campagne di investimento promozionale, addirittura 1 milione di Euro nel caso degl ucraini.

Lo stesso team azero fu più volte trovato coinvolto suo malgrado in queste situazioni e nel 2015 un identico problema coinvolse Malta, travolta dallo scandalo delle quotazioni gonfiate per Destiny Chukunyere, allo scopo di farla salire nelle odds. Dunque sin qui nulla di illecito e anzi nel 2024 fu lo stesso Ministero degli Esteri di Israele a dire di aver mobilitato, anche praticamente le sue ambasciate a sostegno di Eden Golan così come stavolta, attraverso le piattafome social, agenzie legate al Governo si sono mobilitate per Yuval Raphael. A questo si è aggiunto il clamoroso “bug” del voting online tramite carta di credito, che in diversi Paesi è possibile senza un effettivo riconoscimento della provenienza del voto.

Tutto questo però, va detto, non ha nulla a che fare con KAN, l’emittente israeliana associata ad EBU, che non è in alcun modo coinvolta direttamente in questo meccanismo. Per questo motivo, proviamo a spiegare perchè continuare a sostenere che l’esclusione di Israele dal concorso sia la giusta soluzione è sbagliato e sopratutto non risolutivo rispondendo ad alcuni quesiti in materia. Curioso che chi oggi se la prende con Israele per questa “promozione” non si sia invece scandalizzato a suo tempo con azeri o maltesi, o con gli ucraini.

Perchè Israele non va escluso da EBU ed Eurovision

All’Eurovision non partecipano i Governi o gli Stati, bensì le tv. Eurovision è un concorso fra televisioni e come abbiamo già spiegato lo scorso anno, KAN non sta violando alcuna norma della EBU. La tv israeliana lotta per la sua indipendenza: Netanyahu sta provando a chiuderla già dal 2023: per due volte la Knesset ha votato contro e nel Novembre 2024 sono stati presentati proprio da ministri dell’attuale governo due disegni di legge che mettevano a rischio l’indipendenza editoriale e finanziaria della tv pubblica e addirittura la sua stessa esistenza, uno dei quali ne chiedeva la privatizzazione. I giornalisti di KAN che stanno dando voce alle proteste e all’opposizione e criticano il Governo sono anche  stati più volte minacciati.

Fondamentale scindere quindi l’azione del Governo da quella della Tv, che è nata nel 2017-18 dopo che IBA era stata chiusa per debiti.L’adesione ad EBU si è basata su un attento esame legale e sul rispetto degli standard dell’EBU, tra cui l’indipendenza editoriale e gli obblighi di servizio pubblico.Chi chiede l’espulsione di Israele per motivi politici o geopolitici, sta chiedendo di politicizzae EBU stessa, andando contro il suo statuto.

EBU NON sta usando due pesi e due misure con Israele rispetto a Russia e Bielorussia

.Le tv russe sono state sospese a tempo indeterminato (non “espulse”) non per l’invasione dell’Ucraina ma per come questa è stata raccontata, per le continue violazioni del codice di condotta oltrechè per l’utilizzo del mezzo pubblico per fare propaganda alle tesi di Putin.  Le tv di Mosca sono quindi di fatto il “braccio armato del Governo”

KAN invece, come detto non è nella stessa situazione. Quanto alle tv bielorusse, sono state sospese perchè hanno più volte mostrato i manifestanti contro il presidente Lukashenko legati ed imbavagliati o estorto loro finte confessioni in diretta tv. Come anche in Russia, i giornalisti, sia locali che stranieri, che hanno provato a raccontare le manifestazioni di protesta, sono stati pestati, incarcerati ed è stato loro tolto il visto d’ingresso e lavoro. I giornalisti della tv pubblica russa e bielorussa che hanno provato a raccontare una narrazione diversa da quella ufficiale sono stati cacciati. Ivan Urgant, conduttore dell’Eurovision 2009 e fra i primi oppositori del regime di Putin, si è visto sospendere il programma – il più visto della Russia – con effetto immediato. Lo stesso è successo ad Evgenyi Perlin, voce eurovisiva della Bielorussia.

I Galasy ZMesta furono squalificati perchè nella loro canzone esaltavano le persecuzioni nei confronti di chi manifestava contro Lukashenko e addirittura dileggiavano chi era stato incarcerato per essersi opposto alle politiche del presidente.

“Israele sta usando l’Eurovision per la propria narrazione”

Lo fanno tutti, da sempre. Particolarmente dal 1993, da quando cioè sono entrati in gara i Paesi del blocco orientale, l’Eurovision ha accresciuto il proprio ruolo di arena diplomatica, dove si intessono relazioni di ogni genere ed è usato come metro per la costruzione di una “scala di europeismo”. Ogni Paese sfrutta la partecipazione all’Eurovision per raccontare la propria narrazione. Le tre vittorie all’Eurovision dell’Ucraina (2004, 2016, 2022) corrispondono “casualmente” con tre momenti poltici particolari del Paese (rispettivamente: la rivoluzione arancione che ha spodestato i filorussi; l’invasione russa della Crimea e la guerra d’invasione mossa dalla Russia); gli Hatari (Islanda) a Tel Aviv 2019 portarono una narrazione filopalestinese con tanto di bandiera in green room; l’Armenia ha raccontato i 100 anni dal genocidio da parte dei turchi, non riconosciuto da questi ultimi. L’EBU esamina attentamente testi, esibizioni, comportamenti e trasmissioni. E KAN non rappresenta il governo israeliano, rappresenta la radiodiffusione pubblica.

“Lo sponsor Moroccanoil influenza EBU”

Moroccanoil è uno sponsor di Eurovision e paga soldi, come in passato altri aziende, ma non influenza minimamente le decisioni di EBU, come non lo fa nessuno sponsor. Il problema qual è dunque? Che sia stata fondata da un israeliano? Molte aziende dell’Eurovision hanno legami con diversi paesi. Quest’anno per esempio c’era Easyjet, fondata da un anglo-cipriota. Qualche anno fa c’era Schwarzopf, tedesca. Che si fa dunque, si decidono li sponsor aziendali in base alle politiche nazionali? È un percorso scivoloso. Se c’è una specifica violazione dell’etica della sponsorizzazione, dovrebbe essere affrontata separatamente, sulla base dei fatti. Inoltre, nessuno dei membri del Reference Group, che ha potere decisionale sulla rassegna, è israeliano. Peraltro, il contratto con Moroccanoil è appena scaduto e non verrà rinnovato.

“Mandate i soldi del televoto a Gaza”

EBU è un’organizzazione radiotelevisiva, non una ONG umanitaria. La sua missione è sostenere i media pubblici e produrre eventi culturali come l’Eurovision Song Contest, non raccogliere o distribuire donazioni in risposta a crisi globali. Ad oggi, l’EBU non ha mai reindirizzato i ricavi del televoto dell’Eurovision a cause umanitarie, né durante la guerra in Ucraina, la crisi dei rifugiati siriani, i disastri naturali o le pandemie. Il concorso ha sempre mantenuto una netta separazione tra intrattenimento e raccolta fondi benefica.

Detto questo, sono state fatte nel corso degli anni diverse raccolte fondi attorno all’Eurovision, ma sempre al di fuori del quadro ufficiale dell’EBU. Le stazioni radio affiliate all’EBU hanno raccolto milioni di dollari attraverso l’iniziativa “Serious Request” per gli aiuti umanitari globali. I fan hanno organizzato “EurovisionAgain” durante la pandemia, raccogliendo decine di migliaia di dollari per enti di beneficenza; senza contare le iniziative dei singoli, per esempio la vendita all’asta del trofeo dell’Eurovision e del bucket rosa da parte del leader dei Kalush Orchestra; l’iniziativa personale di Baby Lasagna; o il conduttore di Eurovision 2019 Assi Azar che ha donato il suo ingaggio a favore della comunità LGBT israeliana.Tuttavia, nessuna di queste iniziative ha coinvolto entrate controllate dall’EBU o meccanismi ufficiali del concorso.

L’Eurovision Song Contest è un evento senza scopo di lucro, finanziato principalmente da: quote di partecipazione versate dalle emittenti nazionali; contributi delle etichette discografiche o dei produttori o degli artisti;  supporto dell’emittente e della città ospitante, entrate commerciali come sponsorizzazioni, vendita dei biglietti, televoto e merchandising. Questi ricavi vengono reinvestiti per coprire i costi di produzione e organizzazione e aiutano sia l’EBU che le sue emittenti.

Introdurre un precedente, donando fondi per il televoto a una causa specifica, soprattutto in risposta a un conflitto ignorandone altri, rischia di politicizzare il concorso e di minarne il modello di finanziamento e la missione apolitica

Se c’è un serio interesse a integrare le donazioni benefiche nell’Eurovision, è necessario discuterne in modo da renderla una politica coerente e a lungo termine, applicata equamente in tutte le crisi, non come una reazione legata a una singola situazione.

“Cambiate il sistema di votazione”

Il sistema di voto cambia periodicamente e viene votato dai membri dell’EBU, non come risposta politica, ma per migliorarne l’equità. Certamente non viene cambiato in favore o contro alcuni Paesi. Le criticità emerse in questa edizione, soprattutto nel voting online fanno chiaramente emergere alcune falle, di cui EBU ed il reference group dovranno necessariamente discutere. Ma sicuramente i cambiamenti avverranno per il bene del concorso, non di questo o quel Paese o per venire incontro a richieste politiche

I fan tossici e chi vorrebbe davvero l’Eurovision politico

Quello che colpisce è soprattutto l’eccessiva leggerezza con cui questa questione viene affrontata anche sui media, per i quali forse è troppo faticoso – o poco conveniente – fare distinzioni fra il Governo israeliano e la sua tv, fra Netanyahu e la gente di Israele, sempre di più quella che si sta ribellando.

Certamente sta crescendo, nel substrato dei fan eurovisivi, una categoria di fan tossici, che si riempiono la bocca con le parole inclusione e tolleranza e poi sono pronti a fischiare artisti che hanno la “colpa”- come nel caso di Yuval Rapahel – di non essere morti sotto le bombe e invece di essere sopravvissuti. Sono quegli stessi fan tossici di cui si è parlato nel corso di un panel all’Università di Basilea andato in scena durante l’Eurovision. In quella occasione – il tema era – (Un)fairness in Eurovision – l’ex dj dell’Euroclub, Alna Tubery ha raccontato:

L’organizzione è a cura di OGAE e ci sono due regole, non possiamo suonare remix e da due anni non possiamo suonare musica israeliana. Io non sono d’accordo, la trovo una forma di censura.La regola che non si possono suonare i remix fa parte di una guideline creata perché esiste un gruppo di fanatici il quale pensa di possedere il dj o l’artista e quindi abbia il diritto di dire a loro cosa possono suonare e cosa no o cosa cantare.

Ma noi siamo artisti, non jukeboxes. Per realizzare i remix, le case discografiche e le delegazioni spendono soldi: se non possiamo suonarli all’Euroclub, dove altro possiamo? Questi fanatici vogliono che suoniamo sempre e solo le stesse 20 canzoni, nelle versioni originali. E non suonare musica di Israele non lo trovo giusto, per questo mi sono rifiutato di suonare ancora in quel contesto.

Escludere Israele dal concorso senza che la tv abbia violato alcuna regola non aiuterà a risolvere il conflitto di Gaza. Forse renderebbe più bello il concorso a chi vorrebbe farsi il suo Eurovision ideale, certamente ne tradirebbe lo spirito da cui è originato.

Emanuele Lombardini

Giornalista, ternano, cittadino d'Europa, liberale. Già speaker radiofonico. Ha scritto e scrive di cronaca, sport, economia e sociale per giornali nazionali e locali per vivere; scrive di musica su siti e blog per sopravvivere.

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