“Mengonismo”, omologazione e stecche: Sanremo mette a nudo i nuovi talenti della musica

La serata sanremese di ieri è stata un successo: oltre 11 milioni di telespettatori, con buona pace di chi chiedeva il boicottaggio del Festival per la presenza di Elton John e ieri sera mostrava invece di stare seguendo, commentando in diretta i nastrini arcobaleno e derubricando tutto alla voce “previsto”, salvo poi stamattina tessere le lodi del conduttore sino a poche ore prima attaccato. Ma del resto, la coerenza non è mai stata una dote di noi italiani.

Il Sanremo del Conti-bis supera l’esame.  Non che ci si attendesse qualcosa di diverso, ma storicamente, reggere l’impatto del secondo festival di fila non è mai stato semplice nemmeno per i re dell’ascolto. Meno bene, le canzoni. Ne abbiamo ascoltate solo metà, questo è vero ma per adesso sembra confermare l’assunto che molti fra noi cronisti andiamo dicendo da tempo e cioè che la “musica moderna” non esiste. L’assenza di originalità è tipica del Festival, ma la tendenza all’omologazione, soprattutto fra le voci più giovani, è parsa sin qui evidente. Il “Mengonismo” è morbo dilagante: Fragola e i Dear Jack hanno provato palesemente a ricalcare l’impronta delle melodie del cantante di Ronciglione senza però averne né le sfumature nel timbro ma neanche la vocalità: e se a Leiner Riflessi, sbattuto nel frullatore a 18 anni, con scarsissima esperienza live precedente, possono essere concesse delle attenuanti – benchè generiche – è imperdonabile invece che Lorenzo Fragola, al secondo Sanremo, dopo un disco e un tour di successo e diverse esibizioni live, mostri ancora questi evidenti limiti vocali. In un Festival normale, senza televoto e non drogato dalla presenza di editori che controllano anche una buona metà dell’etere radiofonico, sgomiterebbero entrambi per evitare l’ultimo posto e invece stasera, quando verrà diramata la prima classifica, il cantante catanese  sarà probabilmente ai piani alti e la band viterbese fuori dalla linea rossa.

Sempre a proposito di cose già sentite, convince poco anche Rocco Hunt: sospesa fra Pino Daniele, Tullio De Piscopo e tante altre cose, “Wake up” è lontana dalle sue migliori produzioni e il testo, tradizionale forza del rapper salernitano, non è esaltato dalla melodia. La sensazione è che sia molto sul filo, dipenderà probabilmente da quanto la sua fanbase riuscirà a spingerlo.

Senza originalità, è sempre meglio essere uguali a sé stessi che copiare gli altri. Così Arisa che fa l’Arisa propone un pezzo classico, molto italiano, apparso però estremamente convincente, senz’altro sufficiente per fare gara di testa. Anche perché nel Festival delle voci in soffitta, l’ugola cristallina della cantante lucana si distingue. Gli Stadio ma soprattutto Enrico Ruggeri, mettono in campo grinta e qualità. Sempre per le logiche di un concorso che il televoto orienta verso il mainstream, potrebbe essere complesso inserirsi nel gruppetto che lotterà per la vittoria, ma il fatto che uno dei più anziani in gara (e quello con più Festival alle spalle) porti la canzone più moderna e internazionale, è un altro segnale di come le produzioni attuali siano ormai una massa indistinta che punta solo all’immediatezza da “cassetta”, molto spesso  a scapito della qualità. Di qualità ne avrebbero tanta anche i Bluvertigo, pure loro uguali a loro stessi ma con un Morgan sottotono. Sanremo ha sempre fatto a pugni con questo tipo di sonorità e il rischio che facciano la fine del 2001, quando – senza eliminazioni – “L’assenzio” fu scaraventata all’ultimo posto è molto forte. La canzone però funziona e il loro primo album di inediti, 16 anni dopo, partirà con un ottimo traino.

Spiace per Noemi, che canta un testo bellissimo su una melodia che però non sembra tagliata sulle sue corde: l’artista romana è una che si mette in gioco e accetta le sfide, ma la corsa appare in salita, così come per il brano sui migranti di una Irene Fornaciari intima e convincente. Cantare un tema così sentito in questo momento storico senza scadere nella retorica è un esercizio complesso, che lei affronta con la giusta delicatezza: la sala stampa non l’ha premiata e al televoto è una sfida impari, sarà durissima arrivare a sabato.

I più seguiti ieri sera sono stati Giovanni Caccamo e Deborah Iurato: “Via di qua” mostra il lato più sensibile di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro e il brano – che per adesso divide molto gli addetti ai lavori – è destinato a crescere con gli ascolti. Ma l’affiatamento fra i due funziona e infatti dopo ieri sera le loro quotazioni sono immediatamente schizzate. Caterina Caselli, che ha in concorso anche il tenore italo-australiano Micheal Leonardi, uno dei favoriti nella gara dei Giovani che parte oggi, si frega già le mani pregustando una doppietta storica che segnerebbe una sconfitta colossale per le major.

Emanuele Lombardini

Giornalista, ternano, cittadino d'Europa, liberale. Già speaker radiofonico. Ha scritto e scrive di cronaca, sport, economia e sociale per giornali nazionali e locali per vivere; scrive di musica su siti e blog per sopravvivere.

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