Sanremo 2013: ecco di cosa parlano le canzoni dei big (ed i nomi dei giurati)
Un piccolo regalo per voi ci leggete e ci apprezzate. Complice il primo ascolto dei brani che come al solito la Rai ha riservato ad un piccolo gruppo di giornalisti accreditati delle maggiori testate italiane, aspettando la pubblicazione dei testi completi, eccovi un sunto degli argomenti trattati dalle 28 canzoni dei big. C’è di tutto: dall’amore tratteggiato nelle varie sfumature, alla Napoli che cambia, alla denuncia sociale vista da angolazioni particolari, ai “condannati all’inferno”, alle provocazioni sulla Fede quasi da cartellino rosso. Manca la crisi, ma era prevedibile.
Nel frattempo, circolano i nomi dei giurati. Secondo il Corriere della Sera, il presidente della Giuria tecnica dovrebbe essere Nicola Piovani, premio Oscar. Membri Paolo Giordano, giornalista e capostruttura di Area Sanremo, la conduttrice Serena Dandini, la pianista jazz Rita Marcotulli, l’arpista Cecilia Chailly, il giornalista ed enigmista Stefano Bartezzaghi. Ma adesso viaggiamo nei testi delle canzoni. Pronti? Allacciate le cinture che si parte.
Almamegretta
“Mamma non lo sa”: (Della Volpe/Polcare/Tesone): una storia di urbanizzazione declamata con le sonorità colorite e non convenzionali della band napoletana, sperimentazione elettronica e la voce calda di Raiz. Un reggae ambientato nella Pomigliano in cerca di nuova luce dopo l’inquinamento delle fabbriche e il declino della voglia di vivere (“Mangio scatolette, non cucino più“, con un invito a “riprenderci l’umanità”)
“Onda che vai”: (Federico Zampaglione/Domenico Zampaglione) è su suoni sempre ritmati, trip hop con influenze mediterranee, a tratti mediorientali, parla del desiderio di libertà, un inno alla decrescita: “Se po’ fa/ riprendiamoci l’umanità” i versi finali che sognano un altro mondo possibile.
Annalisa
“Scintille” (Dario Galbiati/ Antonio Faini): Canzone d’amore con sfumature jazz, in cui a un certo punto fa la sua comparsa anche una fisarmonica. Molto tradizionale nella melodia. Bello il verso “Volano i satelliti sulle formiche“.
“Non so ballare” (Ermal Meta): Un amore a prima vista in pieno stile “amiciano” narrato, nonostante la bravura dell’autore, con temi e melodie molto tradizionali: “Io non so ballare/ma riesco a sentire/farfalle danzare in me”.
Malika Ayane
“E se poi” (Giuliano Sangiorgi): L’amore cantato in rima, in puro stile Sangiorgi. Variazione sul tema della partenza e dell’assenza.
“Niente” (Giuliano Sangiorgi): Stessa tematica, con la presenza di archi e arpeggio di chitarra iniziare il brano ad impreziosire il brano ed un ruolo più importante per l’orchestra. Raffinata, arriva dritta al cuore
Chiara Galiazzo
“L’esperienza dell’amore” (Federico Zampaglione/Domenico Zampaglione): Come l’amore trasforma una persona. L’effetto dirompente de sentimento amoroso che arriva all’improvviso, paragonato a un treno in corsa, a un’onda, al rapimento totale dell’estasi.
“Il futuro che sarà” (Francesco Bianconi/Luca Chiaravalli/Lisette Gonzalez-Alea): La mano ricercata del cantante dei Baustelle per un tango che strizza l’occhio ai Gotan Project e un invito a sognare, in faccia a una vita che spesso è “una comoda anestesia“. E canta: “credo negli angeli ma frequento l’inferno”.
Simone Cristicchi
“Mi manchi” (Cristicchi)/Di Salvo/Pacco): Lei manca a lui e lui si strazia dicendo in che modo questa assenza si esplica (“Come una penna ad un notaio”, “A una suora il suo rosario”, “A un bottone l’asola“). Allegro divertissement sul concetto di mancanza
“La prima volta (che sono morto)” (Cristicchi/Pari): La morte raccontata punto di vista di un defunto, che nell’aldilà incontra Chaplin (con cui passeggia: una cosa che l’attore non ha mai fatto nei suoi film…), Pertini (con cui gioca a briscola: anche qui, che originalità eh!) e il nonno partigiano che gli chiede: “Avete cambiato il mondo?“. Farà parecchio discutere il mondo cattolico il verso: “Non è vero che c’è il paradiso, il purgatorio e nemmeno l’inferno, sembra più una scuola serale, tipo un corso di aggiornamento“. Aspettiamo il testo completo, ma del resto Cristicchi non è nuovo a canzoni contro la chiesa, anche in incognito (“Prete”, messa in rete nel 2005 come Rufus), salvo poi per andare a cantare alla festa della Cisl. Chiusura di speranza: “Sarà per la prossima volta”.
Elio e le storie tese
“Dannati forever” (Elio e le storie Tese): I “condannati”, ovvero coloro che sono consapevoli di finire all’inferno, paragonato in rima a una giornata d’agosto “sulla Reggio Calabria – Salerno”, sono diverse categorie di persone: gli onanisti, i comunisti, i sodomiti, i moderati e gli esodati. “Sono troppi i peccati mortali che ho collezionato. Per esempio: fatto adulterio, mentito, rubato, continuamente pisello toccato“. Il brano sfotte anche le fedi (“Posso smaltire i peccati con il jogging?“). Ma anche qui sarà interessante leggere il testo per intero. Nonostante la par condicio, si dice anche “Pupupupu purtroppo vado all’inferno, cocococo cogli onanisti (…) tutti all’inferno anche il governo”. Il tutto accompagnato da un tripudio di strumenti musicali: nel 1996, anno del loro secondo posto con “La terra dei cachi” furono gli unici ad usare tutti quelli dell’orchestra, compreso il gong.
“La canzone mononota” (Elio e le storie Tese)“: Realmente scritta girando sempre attorno alla stessa nota (il “Do”), con continui cambi di accordi, voci, argomenti, stili di canzone sanremese. Gli elii citano Rossini, Dylan e “Tintarella di luna”, oltre al Jobim di “Samba di una nota sola”, accusato però di non aver avuto il coraggio di andare sino in fondo. Virtuosismo allo stato puro “Ma se neanche sei in grado di cantare la canzone monotona ti consiglio di abbandonare il tuo sogno di cantante”.
Max Gazzè
“Sotto casa” (Max Gazzè/Francesco Gazzè/Buzzanca): Ritmo alto a tempo di ska, ironia alta, ma anche un testo che farà discutere. Il dialogo perduto da ritrovare raccontato dal punto di vista di un “messaggero” (Testimone di Geova) che bussa a una porta per proporre la salvezza visto che nessuno gli apre, parla con la porta stessa. Gazzè se la prende con chi a suo dire bada più ai rituali religiosi che al resto. Aspettiamo anche qui il testo completo prima di dare un giudizio pieno.
“I tuoi maledettissimi impegni” (Max Gazzè/Francesco Gazzè/Buzzanca): Una storia d’amore con una donna in carriera e la necessità di doversi divincolare nella fitta agenda di lei. Il cantante si immagina di diventare il suo fermaglio, o di rimpicciolire per entrare nella borsetta e passare più tempo con l’amata. Ma anche soluzioni alternative perchè “Sei tu che mando giù nel petto quando mi getto vino in gola“.
Raphael Gualazzi
“Sai (Ci basta un sogno)” (Raphael Gualazzi): La voce è spiegata al massimo delle potenzialità e c’è un accenno di piano. Ballata d’effetto, con sprazzi di soul. Testo d’amore, a tratti con linguaggio forbito: “Per sopravvivere ci basta un sogno”, ma anche “Volute velleità” e “Accidia immemore”.
“Senza ritegno” (Raphael Gualazzi):Un jazz con sfumature rock più leggero nel testo, su una società effimera che deve imparare a fidarsi dei suoi artisti. Aspettiamo il testo completo per capire come si incastra il verso: “mentre imbianco l’uomo nero”. Piano in grande evidenza.
Marta sui Tubi
“Dispari” (Marta sui Tubi): Rock indipendente di buona fattura, alieno per il Festival. Parte e si conclude con un coro quasi gregoriano. Il testo cita il testo cita nel ritornello Oscar Wilde e i Sonic Youth, i Motorpsycho e Mallarmé e canta frasi tipo: “non soffro se mi sento solo, soffro se mi fai sentire dispari”, ma anche “non ti vergogni a mostrarti nuda come una cipolla che non sa far piangere”.
“Vorrei” (Marta sui Tubi): Archi e ritmica usati fuori dagli schemi, è una richiesta di perdono per un amore di cui ci si è accorti a tempo scaduto: “Chiedo scusa alla pastorizia perché con la mia condotta ho umiliato la reputazione della pecora nera“. E la donna amata ha troppi amici su facebook. Non si può dire che non sia un testo originale.
Marco Mengoni
Bellissimo (Gianna Nannini/Pacifico Tagliapietra): Pop di livello, ritmata, musicalmente e vocalmente, in alcuni passaggi sembra quasi il brano di un musical per Broadway. Brano che mostra un Mengoni inedito, meno urlato e capace di arrivare dritto al cuore.
L’essenziale (Roberto Casalino/Mengoni/De Benedittis): Piano, chitarra e archi che entrano in ordine, per un brano che cresce nella armonia. Canzone d’amore in puro stile Casalino: “Mentre il mondo cade a pezzi, io compongo nuovi spazi“.
Modà
“Come l’acqua dentro il mare (Francesco Silvestre): Balltata con quintali di zucchero Modà Style. Ad ovest niente di nuovo. Canzone dedicata al figlio, neoromanticismo allo stato puro: “Ricorda che l’amore a volte può far male/ma del mio non ti devi preoccupare”. Chitarra grande protagonista
“Se si potesse non morire” (Modà): Come allo specchio rispetto all’altra, qui l’arpeggio protagonista è di piano. Tonnellate di retorica, dentro il resto dello zucchero avanzato dall’altro pezzo: “E poi ti immagini se invece si potesse non morire e se le stelle si vedessero col sole”. Ma anche: “Se si potesse nascere ogni mese per risentire la dolcezza di una madre e un padre” e “Ti immagini se con un salto si potesse anche volare e con un abbraccio si potesse scomparire”, “Se anche i baci si potessero mangiare ci sarebbe un pò più amore e meno fame e non avremmo neanche il tempo di soffrire”. Aiuto.
Simona Molinari-Peter Cincotti
“Dr. Jekyll e Mister Hyde” (Lelio Luttazzi): Brano inedito del grande jazzista triestino scomparso tre anni fa, regalo alla Molinari della moglie di lui. Swing old style, in puro stile Luttazzi, ovviamente, tromba con la sordina e piano. Cincotti canta in italiano e qualcosa in inglese. Testo insolito: “Ti ho vista piangere precipitevolissimevolmente” E anche “Ma tu chi sei, probabilmente non lo sai, come non sappiamo tutti noi di essere mezzi matti, un poco dottor Jekyll e un poco Mr. Hyde”. Potrebbe essere uno dei tormentoni della rassegna.
“La felicità” (Molinari/Vultaggio/Cincotti/Avarello): Cincotti al piano, in una sfida con l’altro jazzista Gualazzi, sarà interessante. Parla di una storia d’amore finita e di una felicità perduta. Sfumature alla Carosone, ma anche l’occhio strizzato al folk e alla dance.
Maria Nazionale
“Quando non parlo” (Enzo Gragnaniello): Mediterranea nel sound e negli strumenti (c’è anche un bouzouki), ha dentro tutta l’anima di Napoli. Il testo invoca un “bisogno infinito di poesia” mentre “il mondo galleggia nella bugia“. E poi: “Quando non parlo e mi sto zitta, sono felice perchè avverto la presenza delle note e della musica”.
“E’ colpa mia” (Fausto Mesolella/Beppe Servillo): Voce e piano, molto napoletana, dal sapore antico, che strizza l’occhio alla chanson francese ma anche alle tradizioni melodiche e drammatiche del posto. L’unico brano cantato nel dialetto partenopeo, anche in funzione del testo, in cui la cantante ammette le proprie responsabilità di fronte a un sentimento spezzato: “O tiempo corre annanz’ a me nun resta tiempo pe sape’ si è colpa mia“.
Daniele Silvestri
“A bocca chiusa” (Daniele Silvestri): C’è la protesta sociale in questa ballata tipica romana (“Fatece largo che… passa il corteo, se riempino le strade“), che sta dalla parte di chi lotta ancora per il socialismo e la libertà con citazione di Gaber: “Partecipazione certo è liberta ma è pure resistenza”. Racconto appassionato di una manifestazione politica per le strade di Roma.
“Il bisogno di te” (Daniele Silvestri): Canzone sulla dipendenza amorosa, più leggera, molto radiofonica, che a tratti somiglia a quella “Salirò” anch’essa sanremese, che l’ha reso celebre.
2 risposte
[…] giorni scorsi vi abbiamo proposto un assaggio dei testi e dello stile delle canzoni che saranno in gara, in attesa che escano i testi completi, grazie al primo ascolto riservato ad un […]
[…] giorni scorsi vi abbiamo proposto un assaggio dei testi e dello stile delle canzoni che saranno in gara, in attesa che escano i testi completi, grazie al primo ascolto riservato ad un […]