X Factor 2022, i Bootcamp di Ambra e Dargen: Disco Club Paradiso ai live

La seconda serata di Bootcamp a X Factor 2022 vede protagonisti Dargen D’Amico e Ambra Angiolini. Anche oggi, tra i 12 artisti selezionati, i Disco Club Paradiso vanno direttamente ai live poiché il regolamento impone di avere almeno una band in squadra e loro sono gli unici scelti da Dargen. Il riassunto della serata.

Team Dargen D’Amico

Francesco Giuliani – Pain Overdose (Inedito): Lui, che sembra per certi versi imitare Hozier, si siede al pianoforte e canta un suo inedito. L’emozione si sente, ma non riesce a trasmettere nulla di particolare. Rkomi giustamente commenta che “bisogna vedere quando uscirà dalla sua comfort zone”. Dargen dice di non sapere cosa possa dare in più, poi lo fa sedere. Si alza.

Giacomo Paris – Io che non vivo (Pino Donaggio): Una versione “destrutturata”, vagamente elettronica, di un classico immortale della musica italiana. L’intonazione non è il suo punto forte, lui poi cambia in qualche parte la melodia della linea vocale. Non dà il risultato sperato, ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare, e lui ne è consapevole. Dargen lo fa sedere, ma poi si alza.

Tigri da soggiorno – You know I’m no good (Amy Winehouse): Mossa coraggiosa la loro, quella di dare del rock a un pezzo dell’icona del soul per antonomasia. Il risultato è ottimo, anche se il frontman “spicca” troppo rispetto al resto della band. Si siedono.

Irene Pignatti – Hope there’s someone (Antony and the Johnsons): Definizione di classe. Chitarra e voce, con lo strumento che forse fa un po’ da muro, ma Irene (nonostante la voce un po’ tremolante per l’emozione) fa esplodere l’Allianz Cloud che accenna una standing ovation. Si siede, ovviamente.

Luigi Baldi – L’anno che verrà (Lucio Dalla, riadattata da lui): Eresia. Non puoi prendere Lucio Dalla e riadattarlo distruggendo la melodia (che sembra un karaoke riuscito male) e mettendo delle barre in quella che è autentica poesia in musica. Forse siamo troppo legati all’originale, ma questo è ciò che non può essere tollerato in un percorso musicale. Non si siede.

Andrea Ascanio – Mai dire mai (sulla base di Bad Guy): Prendere un pezzo rap di Willie Peyote e farne una cover. Già così sembra un concetto sbagliato, visto che fare cover del rap è impossibile e concettualmente sbagliato, se poi consideriamo che abbia costruito la cover sulla base di Bad Guy (con le firme di Billie Eilish e Finneas) capiamo che si tratta di una scelta sbagliata. Non si siede.

Martina Baldaccini – Almeno tu nell’universo (Mia Martini): No. Non c’è molto da dire, se non che è tutto sbagliato. L’intonazione è assente, l’intensità totalmente impercettibile, non emoziona, enfatizza i passaggi sbagliati… L’unica cover accettabile di questo brano l’ha realizzata Elisa, che è un mostro sacro. Mimì perdonala, non sa quello che fa. Inspiegabilmente si siede.

STT – Halo (inedito):  Ma è Shakerando di Rhove? Un reggaeton, stucchevole e vagamente neomelodico, che onestamente non porta nulla di nuovo (ed è pure identico alla hit estiva). Non piace a nessuno, Dargen li fa sedere basandosi sulla credibilità, ma con l’invito a non mettersi troppo comodi. Poco dopo si alzano.

Beatrice Maria Visconti – Nell’aria (Marcella Bella): Versione elettronica del celebre brano di Marcella Bella, a cui ha aggiunto delle barre scritte da lei. Il suo progetto funziona, la cover era ben realizzata e in più è molto intonata, anche se per certi versi ricorda come stile Veronica Lucchesi (La Rappresentante Di Lista). Si siede al posto di Francesco.

Matteo Orsi – Jealous (Labrinth): A dispetto di una pronuncia inglese non propriamente impeccabile, per certi versi maccheronica, l’esecuzione è molto intensa e quasi intima. L’emozione si è sentita tutta, forse anche troppa in alcuni momenti, però lui ha il potenziale per sbocciare. Si siede al posto di Giacomo.

Disco Club Paradiso – Svalutation (Adriano Celentano): Poco da dire, se non animali da palcoscenico. Smontano le vibe da LPS o da SunStroke Project e demoliscono l’Allianz Cloud. Il pubblico impazzisce per loro. Dargen, da buon casinista, si pone l’obiettivo di “riordinarli”. Adesso però Epic Sax Guy lo vogliamo vedere! Si siedono al posto degli STT e, come unica band del roster, vanno di diritto ai live.

Cinzia Zaccaroni – Glory Box (Portishead): Questo è fingerstyle (o fingerpicking). Passata dal basso alla chitarra, riarrangia a modo suo un brano di una bellezza unica ed è classe allo stato puro. Si può riassumere questa esibizione in un’unica, eloquente, parola: perfezione. Si siede al posto delle Tigri da soggiorno.

ENTRANO: Irene Pignatti, Martina Baldaccini, Beatrice Maria Visconti, Matteo Orsi, Disco Club Paradiso, Cinzia Zaccaroni

Team Ambra

Team Ambra

Gemini Blue – No church in the wild (Kanye West e Jay-Z): Di funzionare funzionano senza dubbio. Forse l’esito è vagamente da cover band, sarebbe bello sentirli su qualcosa di diverso, meno “trasversale”, che possa sembrare più cucito addosso a loro. Si siedono ma poi si rialzano.

Giovanni Portaluppi in arte John Bringwolves – I am woman (Emmy Meli): Boh… Non c’è molto da dire, non è un pezzo di cui fare una cover. La produzione superava l’interpretazione, non è ciò che definiremmo “bello”. Ambra lo fa sedere, ma poi si alza.

Cecilia Quaranta in arte Talea – Dancing in the dark (Bruce Springsteen): Meraviglia, un pezzo stratosferico interpretato in maniera magistrale. C’è pochissimo da dire, l’emozione parla da sé e infatti è standing ovation. L’esibizione è un concentrato di bellezza, splendore, purezza, meraviglia… Tutte le cose belle che esistono in questo mondo. Sedia meritatissima.

Giulia Di Capua – Bubble tea (inedito): Da quello che abbiamo potuto sentire, l’indie scorre nelle sue vene. Il pezzo funziona, lei ha una bella voce e potrebbe fare strada. Ambra, inspiegabilmente e contro ogni aspettativa, non la fa sedere. Mah…

Matteo Siffredi – Bianco e nero (inedito): L’esatto opposto di ciò che ci aveva fatto ascoltare all’audizione. Da una versione intima di “L’Appuntamento” di Ornella Vanoni a un suo inedito molto “rumoroso”, con un bel po’ di produzione ed elettronica alle spalle, tra l’altro con l’agitazione e l’ansia a rovinarne la riuscita. Non convince, Ambra lo fa sedere.

Nervi – Tutte le sere (inedito): Non ricordo quale sia il titolo, sarà mica “Tutte le sere”? È praticamente l’unica frase che hanno ripetuto in tutto il brano. Inedito veramente brutto, che per certi versi ricorda quel pezzo intitolato “Discoteca” e il cui testo ripeteva soltanto “Lunedì sera la discoteca, martedì sera la discoteca…” e così via fino a finire i giorni della settimana. Si siedono.

Colin Macdonald – Adore you (Harry Styles): Cimentarsi con chi scala le classifiche della musica contemporanea non è quasi mai un bene, questa però è l’eccezione che conferma la regola. Harry Styles tra l’altro è l’esatto opposto di ciò che si può definire semplice. Ambra lo fa sedere ma poi si alza.

Hate Moss – Loser (Beck): C’erano molti problemi in questa performance, troppi. Non erano totalmente a punto, ed è un peccato perché loro funzionano. A volte fuori tempo, a volte poco intonati, Ambra li lascia in piedi.

Francesco Guarnera – L’ultima notte (Ariete): Da “Martina sei una str…” ad Ariete in versione rock. Quel pop-rock adolescenziale, che lui padroneggia senza dubbio, non lega proprio benissimo con questo brano. Il punto, però, è: può fare altro discograficamente? Ambra, che preferiva il suo inedito, non lo fa sedere.

Francesca Rigoni in arte Inverno – Ansiaaaaa (inedito): Funziona perfettamente. Testo non banale, bella dal punto di vista della produzione musicale, poi la performance è stata impeccabile. Insomma, non farla sedere sarebbe un sacrilegio. Ambra dice che potrebbe essere un suo progetto e fa uno switch. Si siede al posto di Colin Macdonald.

Tropea – Insieme a te sto bene (Lucio Battisti): Con una formazione incompleta (il bassista, per motivi di salute, ha dovuto cedere il posto) si cimentano con Battisti e si comportano benissimo. La cover è buona, bilanciata, non hanno strafatto ma non si sono nemmeno tirati indietro, rendendo loro la canzone. Si siedono al posto dei Gemini Blue.

Lucrezia Fioritti – Teardrop (Massive Attack): Piano e voce per un pezzo difficilissimo, che lei affronta con grande consapevolezza. Un brano reso iconico anche per essere la sigla di Dr. House, che in pochi sono riusciti a reinterpretare correttamente (e tra questi ricordiamo Chiara Galiazzo, sempre a X Factor). Standing ovation per lei, che si siede al posto di Giovanni Portaluppi.

ENTRANO: Talea, Matteo Siffredi, Nervi, Inverno, Tropea, Lucrezia Fioritti

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