Eurovision 2023: tra il successo scontato e le incertezze della BBC

Cala il sipario sull’Eurovision 2023, che ha visto la Svezia di Loreen trionfare rispettando totalmente i pronostici. La vittoria dell’artista svedese era scontata, anzi, voci su un suo trionfo si rincorrevano ancor prima della sua vittoria al Melodifestivalen. Viene dunque da chiedersi perché, da due anni a questa parte, il risultato dell’Eurovision Song Contest sia scritto ancor prima dell’inizio dell’evento.

Loreen è risultata vincitrice grazie alle giurie, che le hanno permesso di alzare per la seconda volta il microfono di cristallo. Se ci fosse stato solo il televoto sarebbe stato il finlandese Käärijä a vincere. A dimostrazione di questo, la contestazione del pubblico in arena è stata palese. Potrebbe essere dunque il pretesto, per Martin Österdahl, per eliminare definitivamente le giurie.

Al di là del lato puramente agonistico, l’Eurovision Song Contest rimane uno spettacolo unico che, tuttavia, ha vissuto tempi migliori. La vittoria di Loreen potrebbe anche essere un segnale, dato che SVT ha sempre organizzato l’evento in maniera egregia.

Dopo l’edizione torinese, targata Rai, in cui a parte qualche imprecisione in regia e la questione del sole che non girava, la BBC ha regalato perle memorabili. Su tutte il cartello VT TO COME, il regista andato in onda durante le prove, un promo di Masterchef al posto della sigla EBU e una sequela interminabile di errori da parte della regia.

A mente fredda possiamo decretare il successo dell’evento Eurovision Song Contest, che ha regalato come sempre uno spettacolo straordinario fatto di musica. Allo stesso tempo però bisogna segnalare il fallimento della gara, dato che la vittoria di Loreen era scontata prima ancora dell’inizio del concorso. In questo modo viene meno anche l’elemento chiave dell’Eurovision, nato come il Sanremo europeo da un’idea di Sergio Pugliese e Marcel Bezençon.

Anche dal lato organizzativo bisogna essere onesti e constatare che non tutto sia andato per il verso giusto. La piattaforma del media centre online, per esempio, rendeva impossibile fruire di uno streaming fluido sia di prove che di conferenze stampa. Durante le conferenze stampa tra l’altro la colonnina della chat non funzionava, fare domande agli artisti era pressoché impossibile.

Tra le note di merito senza ombra di dubbio dobbiamo segnalare l’opening act della prima semifinale e quello della finale, con la Kalush Orchestra, e gli interval act che hanno regalato sia momenti di leggerezza che spunti di riflessione e anche momenti di fortissime emozioni. Molto bello il Liverpool Songbook, con Mahmood e Duncan Laurence che hanno emozionato rispettivamente con “Imagine” di John Lennon e “You’ll never walk alone” di Gerry and The Pacemakers.

Promossa a pieni voti la conduzione di Hannah Waddingham in primis, sempre brillante e sul pezzo, affiancata egregiamente da Julia Sanina e Alesha Dixon. Qualche riserva invece su Graham Norton, che indubbiamente ha la verve da conduttore, ma non ne troviamo l’utilità con un trio di conduttrici ben collaudato.

Rimangono poi i soliti dubbi sulla gestione dell’ufficio stampa, con una serie di questioni che fanno storcere non poco il naso. Tra i problemi con lo streaming, la prima settimana di prove a porte chiuse e una gestione scomoda degli accrediti che rischia di trasformare l’evento in un prodotto di nicchia, rischia di venire meno la concezione del “bene o male purché se ne parli” che da sempre contraddistingueva l’Eurovision Song Contest.

Si spera dunque che, con la prossima edizione targata SVT, l’esito della gara sia meno scontato, che a vincere non sia sempre e solo l’artista favorito dal pubblico ma che anche un underdog possa stupire come successo tante volte in passato, ma soprattutto che l’Eurovision Song Contest possa tornare a essere quell’evento alla portata di tutti che regala emozioni e presenta al mondo artisti e brani destinati a fare il giro del mondo.

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